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Trust

Probabilmente ancor oggi, tra i non addetti ai lavori (e forse anche tra questi ultimi) resiste «diffidenza» giuridica verso il trust e, mentre si guarda alla compravendita (o donazione, permuta, contratto di società, testamento…) come strumenti assolutamente leciti, anzi nessuno può mettere in dubbio la loro legittimità per essere codificati, si pensa e si guarda al trust con sospetto. Per il trust sembrano valere di più le chiacchiere da bar, il “mi hanno detto che”, oppure il “so che con il trust si possono fregare i creditori”… ecc ecc.

Il trust è uno strumento giuridico al pari della compravendita e di ogni altro contratto prima menzionato, come di ogni altro istituto giuridico, sia esso contrattuale o non contrattuale, e per sua natura rimane neutro rispetto agli interessi concreti perseguiti.

E’ la volontà del soggetto che guarda ai propri interessi da perseguire che, scegliendo lo strumento più idoneo per realizzarli, definisce in concreto la causa che potrà essere lecita o illecita secondo gli obiettivi del soggetto medesimo.

Il trust è uno strumento che può essere utilizzato per perseguire svariate finalità: dal passaggio generazionale di patrimoni o di attività produttive, alla garanzia a terzi per supportare attività liquidatorie di società, alla realizzazione di interessi filantropici, alla protezione dei soggetti “fragili”.

La versatilità dello strumento ne sottolinea al contempo la complessità della disciplina dettata da norme interne italiane (prevalentemente fiscali), orientamenti giurisprudenziali (italiani e esteri) e da norme straniere.

Scegliere di adottare questo strumento comporta il necessario approfondimento con il Notaio di tutte le questioni che interessano la disciplina del trust in relazione agli obiettivi che il cliente intende perseguire.

Origini

I trust si sono sviluppati nel diritto inglese in forza delle pronunce rese, dal secolo XIV in poi, da una particolare giurisdizione facente capo al Cancelliere del Re; le regole giuridiche così elaborate formano un ordinamento detto EQUITY.

Questa particolare giurisdizione del Cancelliere del Re si sviluppò perché le controversie relative ai primi trust non trovavano tutela dinnanzi al giudice ordinario in quanto soltanto le pretese rientranti in certo elenco, oramai chiuso, potevano formare oggetto di giudizio: tutti i rapporti nascenti da un trust (rapporto tra trustee e i beni in trust, la posizione giuridica dei beneficiari rispetto al trustee) sfuggivano alle categorie del diritto comune.

Oltre al modello inglese, di fonte prevalentemente giurisprudenziale, si è diffuso un altro modello, definito internazionale, di fonte prevalentemente legislativa.

La genesi di questo secondo modello è dovuta alle colonizzazioni inglesi: i coloni portavano con sé, oltre alle loro tradizioni, anche il loro diritto.

Gli Stati (ex colonie), in epoca più recente, hanno provveduto, per necessità di autonomia dalla giurisdizione della Corona, a produrre autonome leggi di disciplina del trust.

I vari Paesi che si sono dotati di questa autonoma normativa hanno continuato a dialogare con il diritto inglese, in modo tale da modificarsi reciprocamente, anche alla ricerca delle migliori soluzioni per i clienti.

Il trust interno – il modello italiano.

La definizione “trust interno” è stata coniata dal prof. Maurizio Lupoi nel 1994.

E’ trust interno quello che vincola beni in Italia, è istituito da italiani e disciplinato da una legge straniera.

La data del 1994 è successiva di due anni a quella dell’entrata in vigore in Italia della “Convenzione sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento”, cosiddetta Convenzione dell’Aja perché sottoscritta in quella città il 1° luglio 1985.

Ratificata dall’Italia con la legge 16.10.1989 n. 364, la convenzione dell’Aja è entrata in vigore nel nostro Paese l’1.1.1992 e da quella data il nostro ordinamento giuridico ha pienamente e definitivamente “digerito” questo istituto straniero; segno di questo ultimo traguardo è la legge 112/2016 che, per il perseguimento delle proprie finalità, indica il trust quale strumento utilizzabile, riconoscendone, quindi, piena cittadinanza nel nostro ordinamento.

Struttura

Valutata con il Notaio l’adeguatezza della adozione del trust quale risposta alle esigenze del cliente, si istituisce il trust.

L’atto istitutivo è il negozio per mezzo del quale il disponente (cliente) enuncia il programma che vuole che venga perseguito a beneficio di determinati soggetti definiti beneficiari (che possono essere da egli stesso determinati o anche solo possono essere determinate le categorie a cui devono appartenere).

Il Disponente individua un soggetto, che può essere una persona fisica o una società, che assume la funzione di trustee ricevendo la titolarità del fondo in trust, cioè dei beni che il disponente decide di intestare al trustee per realizzare il programma.

Il trustee impiega il fondo in trust nella sua propria discrezionalità per realizzare il programma definito dal disponente.

Il disponente può anche individuare la figura di controllore dell’operato del trustee, chiamato guardiano, al quale attribuire eventuali poteri di autorizzazione preventiva o di consiglio.