Il decreto SALVA CASA

La fantasia dei nostri governanti è riuscita a produrre questa iconica sintesi (il SALVA CASA) con la (presunta) intenzione di tranquillizzare gli italiani rispetto alle paure che aleggiano intorno alle nostre case, vittime tante volte delle fantasie edilizie, questa volta però dei cittadini.

Con un po’ il piglio di chi ha combattuto la battaglia della libertà sessuale degli anni 60/70 del secolo scorso, l’italiano pensa e, a volte dice, “la casa è mia e me la gestisco io“, senza passare, almeno per un saluto, dagli uffici tecnici del Comune. E con ciò sentendosi libero di ampliare o ridurre stanze; costruire o demolire scale interne e, perchè no, esterne; spostare finestre, alzare l’ultimo piano, trasformare le cantine del piano terra, in appartamenti e… ancora e ancora. Ma non limitiamoci alle variazioni o modifiche parziali di ciò è già costruito, magari con un legittimo titolo edilizio. A certe latitudini italiane, quelle un po’ più verso il caldo mediterraneo (soprattutto ma non solo), i fabbricati si costruiscono proprio da zero senza sapere nemmeno in che via del paese sia l’ufficio tecnico comunale.

Ecco, il SALVA CASA può salvare qualcosa e… qualche casa, ma solo in presenza di ben determinati presupposti.

E’ ammessa la possibilità di sanare l’abuso realizzato, ma nel rispetto degli interessi pubblici legati al corretto sviluppo del territorio e degli assetti urbanistici esistenti, costituendo questa una prerogativa dell’amministrazione comunale, riconducibile alle funzioni di vigilanza urbanistica ed edilizia.

Sto parlando del D.L. del 29 marzo 2024 n. 69, convertito nella legge 24.7.2024 n. 105 che ha apportato alcune modifiche al D.P.R. 6.6.2001 n. 380, conosciuto come Testo Unico dell’Edilizia (TUE).

Per capirci qualcosa, nei limiti di quello è il mio interesse notarile, ho scritto 4 brevi testi che cercano di sintetizzare altrettante modifiche:

l’accertamento di conformità urbanistica ed edilizia (art. 36 e 36 bis TUE);

le tolleranze costruttive ed esecutive (art. 34 bis TUE);

lo stato legittimo dei fabbricati (art. 9 bis TUE);

la segnalazione certifica di agibilità – SCA (art. 24 TUE).

Per la redazione di questi brevi testi mi sono avvalso del lavoro eseguito dall’Ufficio studi del Consiglio Nazionale del Notariato che ha prodotto ben più complete analisi alle modifiche normative introdotte con il Salva Casa; quindi, a te che leggi spetta scegliere se leggere la versione breve e divulgativa che ho scritto e che trovi cliccando sui relativi link di qualche riga sopra, oppure leggere la versione estesa dell’Ufficio studi, che si trova liberamente pubblicata sul sito del Consiglio Nazionale a questi link:

Accertamenti di Conformità – Studio 226-2024

Le tolleranze costruttive ed esecutive – Studio 62-2025

Lo stato legittimo – Studio 225/2024

L’agibilità dopo il decreto salva casa – studio 40/2025

Per approfondimenti contatta pure lo Studio Notarile Carlo Camocardi.

Accertamento di Conformità: Art. 36 e 36 bis TUE

1. Accertamento di Conformità: nozione

L’istituto dell’accertamento di conformità, disciplinato dagli artt. 36 e 36-bis del d.P.R. 380/2001 (TUE), consente di regolarizzare interventi edilizi eseguiti:

– senza titolo,

– in totale o parziale difformità,

– con variazioni rispetto ai titoli edilizie.

Il legislatore attribuisce la possibilità di ottenere un provvedimento in sanatoria, ove ricorrano i presupposti, ripristinando così la legalità del fabbricato.

Cosa ha introdotto il decreto “Salva Casa” (d.l. 69/2024 conv. l. 105/2024)?

Il “Salva casa” ha meglio precisato le regole per queste sanatorie “a regime” (cioè stabili e non temporanee), descrivendo 2 regimi per 2 gradi di “gravità” differenti degli abusi.

A – Art. 36 TUE – sanatoria per abusi più gravi, cioè realizzati:

– in assenza di permesso di costruire (pdc);

– in assenza SCIA alternativa al pdc (si definisce anche “SCIA pesante”) di cui all’art. 23, comma 01 (Il comma 01 dice: “In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante segnalazione certificata di inizio di attività:

a)  gli interventi di ristrutturazione di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c);

b)   gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati;

c)  gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche”);

– o in totale difformità dal pdc;

– o in totale difformità dalla SCIA alternativa.

Per “totale difformità” si intende che devono essere abusi tali da aver realizzato un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.

B – Art. 36-bis TUE: sanatoria per abusi minori, cioè realizzati:

– in parziale difformità del pdc o della SCIA alternativa (pesante);

– con variazioni essenziali del pdc o della SCIA alternativa (pesante);

– o in assenza/difformità da SCIA semplice.

Per “parziali difformità” si intende che gli abusi si collocano tra i limiti delle tolleranze costruttive (art. 34-bis – vedi articolo relativo) e quelli delle variazioni essenziali (disciplinate a livello regionale).

Per “variazioni essenziali” si intende che gli abusi configurano interventi radicalmente diversi per caratteristiche costruttive o destinazione d’uso rispetto al titolo originario.

2. La “doppia conformità” e la “doppia conformità asimmetrica o semplificata”

Elemento centrale resta la verifica della doppia conformità e cioè:

A – nel caso di abusi più gravi (art. 36),

si può ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento abusivo risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente,

a – sia al momento della realizzazione dell’abuso,

b – sia al momento della presentazione della relativa domanda di sanatoria;

B – nel caso di abusi minori (art. 36 bis),

si può ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento abusivo risulti conforme,

a – alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda di sanatoria,

b – e alla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’opera abusiva.

3. Condizioni per ottenere il titolo in sanatoria.

  • Domanda: presentata dal proprietario o dal responsabile dell’abuso, entro il termine massimo prima dell’irrogazione delle sanzioni.
  • Oblazione: condizione essenziale, ma l’effetto estintivo dell’illecito deriva solo dal rilascio del titolo.
  • Rapporto con ordine di demolizione: se il Comune ha già emesso un ordine di demolizione dell’abuso, la domanda di sanatoria sospende solo temporaneamente l’efficacia dell’ingiunzione; in caso di rigetto, l’ordine riacquista efficacia.
  • Effetti della sanatoria: dal lato urbanistico, regolarizza la costruzione; dal lato penale, estingue il reato edilizio.
  • Natura del provvedimento: atto vincolato, privo di discrezionalità, basato sulla verifica della doppia conformità.
  • Silenzio rigetto: il mancato provvedimento entro 60 giorni equivale a diniego.
  • particolari ulteriori adempimenti per l’ottenimento della sanatoria degli abusi minori, sono richiesti al tecnico incaricato dal privato.

In pratica, con questa norma il legislatore consente la regolarizzazione di abusi solo formali (mancato titolo, ma conformità sostanziale), evitando demolizioni sproporzionate.

4. Cosa deve scrivere il Notaio nell’atto.

Il Salva Casa non ha modificato il contenuto dell’art. 46 d.P.R. 380/2001 che sancisce la nullità degli atti traslativi di diritti reali su immobili se non è indicato il titolo abilitativo o il provvedimento di sanatoria; quindi, negli atti notarili SI DEVONO indicare (menzionare) i dati:

– del titolo edilizio originario (permesso di costruire o SCIA alternativa – pesante);

– del provvedimento di accertamento di conformità ex art. 36 (per assenza di titolo o totale difformità), con attestazione del Comune circa la “doppia conformità”;

SI POSSONO, invece, menzionare i dati:

– del “provvedimento di accertamento di conformità ex art. 36-bis (per abusi minori: parziali difformità, variazioni essenziali, assenza/difformità da SCIA semplice), ma è assolutamente prudente che anche tali informazioni vengano inserite nell’atto al fine di documentare la completa regolarità edilizia del fabbricato oggetto dell’atto stesso, anche per evitare che l’acquirente possa subire danni per non essere stato compiutamente informato sugli eventuali abusi minori.

5. E nella nostra Regione Emilia Romagna?

Il legislatore regionale, con l’art. 15 della L.R. 5/2025, ha recepito le modifiche del Salva Casa, modificando l’art. 17 della legge 23/2004, il cui testo di riposta di seguito.

art. 17 – Accertamento di conformità

1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire in totale difformità da esso, ovvero in assenza della SCIA alternativa al permesso di costruire di cui all’articolo 13, comma 2 della legge regionale n. 15 del 2013 , o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 13, comma 3, e 14, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile può richiedere il rilascio del permesso in sanatoria o presentare una SCIA in sanatoria, rispettivamente nel caso di interventi soggetti a permesso di costruire ovvero a SCIA, se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

2. Qualora l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione delle opere, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 13, comma 3, e 14, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, può:

a) richiedere il rilascio del permesso in sanatoria, per gli interventi realizzati in parziale difformità o in variazione essenziale dal permesso di costruire;

b) presentare una SCIA in sanatoria, per gli interventi realizzati in parziale difformità o in variazione essenziale dalla segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire di cui all’articolo 13, comma 2 e per interventi in assenza, difformità o variazione essenziale dalla SCIA.

2.1. L’epoca di realizzazione dell’intervento di cui ai commi 1 e 2 è provata mediante la documentazione di cui all’articolo 10 bis, comma 4, della legge regionale n. 15 del 2013. Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante la documentazione indicata nel precedente periodo, il tecnico incaricato attesta nella modulistica regionale l’epoca di realizzazione, con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità, con riferimento alle caratteristiche costruttive delle opere realizzate e anche tenendo conto delle informazioni fornite dalla proprietà, senza la necessità di produrre ulteriore documentazione probatoria.

2 bis. Il permesso e la SCIA in sanatoria possono prevedere la preventiva attuazione, entro il congruo termine assegnato dallo Sportello unico, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per conformare le opere alla normativa urbanistica ed edilizia, tra cui la rimozione di quelle che non possono essere sanate e per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, superamento e non creazione delle barriere architettoniche di cui all’ articolo 23, comma 2, della legge regionale n. 15 del 2013.

2 ter. Nei casi in cui la sanatoria di cui al presente articolo sia subordinata a SCIA, trova applicazione quanto previsto dall’articolo 14 della legge regionale n. 15 del 2013.

2 quater. Nei casi in cui la sanatoria di cui al presente articolo sia subordinata al rilascio del permesso di costruire, trova applicazione il procedimento per il rilascio del permesso di costruire disciplinato dall’ articolo 18 della legge regionale n. 15 del 2013, fermo restando che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia sulla richiesta con provvedimento motivato:

a) nelle ipotesi disciplinate dal comma 1 entro sessanta giorni, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata;

b) nelle ipotesi disciplinate dal comma 2 entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta. Trova applicazione quanto previsto dai commi 14 e 15 dell’articolo 18 della legge regionale n. 15 del 2013 in tema di silenzio assenso.

2 quinquies. I termini di cui al comma 2 quater sono interrotti per una sola volta qualora nel corso dell’istruttoria l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo circostanziato, e ricomincia a decorrere dalla completa ricezione degli elementi istruttori richiesti.

3. Il permesso e la SCIA in sanatoria nei casi previsti dai commi 1 e 2 sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione:

a) nelle ipotesi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia, del contributo di costruzione in misura doppia ovvero, in caso di esonero , in misura pari a quella prevista dalla normativa regionale e comunale, e comunque per un ammontare non inferiore a 2.000 euro;

b) nelle ipotesi di interventi edilizi di recupero, anche in caso di esonero dal contributo di costruzione, del contributo di costruzione previsto dalla normativa regionale e comunale per gli interventi di ristrutturazione edilizia, e comunque per un ammontare non inferiore a 1.032 euro;

c) nei restanti casi, di una somma, da 1.032 euro a 10.328 euro, stabilita dallo Sportello unico per l’edilizia in relazione all’aumento di valore dell’immobile, valutato ai sensi dell’articolo 21, commi 2 e 2 bis. Qualora accerti che le opere in difformità non abbiano comportato un aumento del valore dell’immobile, omette tale valutazione e dispone l’applicazione della sanzione nel minimo edittale come sopra definito.

3 bis. Nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda:

a) l’ammontare delle oblazioni definite nelle lettere a) e b) del comma 3 è ridotto del venti per cento;

b) l’ammontare dell’oblazione definita nella lettera c) è stabilita dallo Sportello unico per l’edilizia in relazione all’aumento di valore dell’immobile, valutato ai sensi dell’articolo 21, commi 2 e 2 bis, in una somma da 516 euro a 5.164 euro.

3 ter. Gli effetti di sanatoria dei titoli previsti dal presente articolo si producono solo con l’integrale corresponsione della oblazione di cui ai commi 3 e 3 bis.

4. La richiesta del titolo abilitativo in sanatoria è accompagnata dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti, ai sensi dell’articolo 481 del codice penale, le necessarie conformità. In relazione alla normativa tecnica per l’edilizia, la conformità delle opere da sanare è dichiarata dal professionista abilitato con riferimento ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione delle medesime opere.

4 bis. Per le opere realizzate in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa, la sanatoria è subordinata all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento secondo quanto disposto dall’articolo 17 ter. Nei casi in cui il vincolo paesaggistico sia stato apposto in data successiva alla realizzazione delle opere oggetto della sanatoria trova applicazione quanto stabilito dall’articolo 17 ter, comma 4. 

4 ter. Per gli immobili ubicati in zone classificate sismiche, trova applicazione quanto previsto dall’articolo 17 quater.

Per approfondimenti contatta pure lo Studio Notarile Carlo Camocardi.

Le tolleranze costruttive ed esecutive: art 34 bis T.U.E.

Definizioni di tolleranze costruttive ed esecutive

Tolleranze costruttive

Sono gli scostamenti considerati lievi rispetto a parametri edilizi fondamentali – quali altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta e altri indici delle singole unità immobiliari – sempreché tali scostamenti rientrino nei limiti percentuali fissati dal legislatore.

Con il d.l. 76/2020 (conv. in l. 120/2020) e poi con il d.l. 69/2024 (“decreto Salva Casa”), il legislatore ha stabilito che non costituiscono violazione edilizia gli scostamenti contenuti entro il 2% delle misure previste nel titolo abilitativo, con percentuali più ampie per gli interventi realizzati prima del 24 maggio 2024, proporzionate alla superficie utile dell’immobile.
La tolleranza costruttiva configura quindi una particolare ipotesi di non conformità che, in via eccezionale, non è qualificata come illecito edilizio.

Tolleranze esecutive (o di cantiere)

Sono invece irregolarità di natura esecutiva o geometrica, prive di rilevanza sostanziale, che possono emergere durante i lavori autorizzati. Vi rientrano:

  • irregolarità geometriche;
  • modifiche alle finiture di minima entità;
  • diversa collocazione di impianti e opere interne;
  • errori progettuali corretti in cantiere;
  • errori materiali di rappresentazione progettuale.

Per essere considerate tali, devono ricorrere precise condizioni:

  1. non incidere sull’aspetto esteriore dell’edificio, sulle strutture portanti, sui dimensionamenti o sulle distanze inderogabili;
  2. non determinare aumenti di superficie;
  3. non violare normative tecniche di settore;
  4. non pregiudicare l’agibilità dell’immobile.

Le tolleranze esecutive, quindi, non sono mai legate a percentuali matematiche, ma alla natura minima e irrilevante delle difformità rispetto al titolo edilizio.

Le ricordate difformità edilizie del tutto peculiari, descritte nel precedente paragrafo, il cui perimetro è modulato in modo tipico, dall’art.34 bis TUE, devono essere dichiarate dal tecnico abilitato, “ai fini dell’attestazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare”, con una duplice modalità.

La dichiarazione del tecnico

In concreto, il tecnico certifica che l’immobile versa in stato legittimo, che non vi sono pertanto difformità rispetto al titolo edilizio in virtù del quale esso è stato realizzato o sanato o con il quale sono stati effettuati interventi successivi, fatta eccezione per i casi rientranti nello schema delle tolleranze, che in ogni caso devono essere esplicitati in tale sede.

Il terzo comma dell’art. 34 bis TUE specifica esattamente le modalità alternative che la dichiarazione tecnica può assumere:

1) nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie In tale caso, il tecnico la inserisce “ai fini dell’attestazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare” per il tramite degli appositi format – già esistenti negli schemi governativi unitari – nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie. Si tratta evidentemente di una dichiarazione funzionale all’effettuazione di ulteriori interventi edilizi, rispetto a quelli pregressi nei quali egli abbia avuto modo di verificare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione, in concreto, delle regole in tema di tolleranze. Una tale modalità prescinde da eventuali ed ulteriori attività negoziali successive del proprietario, anche se non le esclude aprioristicamente. Si potrà, ad esempio, trattare anche del caso in cui alla presentazione di nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie, debba semplicemente seguire un ulteriore intervento edilizio o del caso in cui tale intervento da eseguirsi dalla parte venditrice, anticipi un atto traslativo successivo.

ovvero

2) con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali. In tale ipotesi la relazione tecnica non assume la forma di un format procedimentale, ma di una dichiarazione asseverata “apposita”, da allegarsi agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali. In tale caso, tale dichiarazione prescinde dall’esecuzione di nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie. Una dichiarazione siffatta, secondo le Linee Guida, è “funzionale ad attestare lo stato legittimo dell’immobile, e, quindi, ad escludere la sussistenza di irregolarità che possano precludere il rilascio o la formazione di un nuovo titolo edilizio ovvero ripercuotersi sui negozi giuridici indicati nella disposizione”. In particolare, il richiamo atecnico alla ripercussione sui negozi traslativi o divisionali indicati nella disposizione, va inteso nel senso che la presenza della relazione allegata al titolo ne esclude la possibilità di azionare strumenti rimediali, quali la risoluzione o l’azione quanti minoris, in via esemplificativa; va, invece, rilevato che, senz’altro, le eventuali ipotesi di nullità fuoriescono dal perimetro normativo in questione.

Non è, poi, precisato il contenuto di una siffatta dichiarazione tecnica, che al di là di peculiari formule procedimentali, dovrà senz’altro muoversi all’interno del perimetro normativo dettato dalla novella del 2020.

Secondo una recente impostazione, senza alcuna pretesa di completezza dovranno essere riportati: a) i dati del tecnico asseverante;

b) i dati catastali dei quali discenda l’esatta identificazione dell’immobile;

c) i titoli edilizi che hanno autorizzato gli interventi sull’immobile o sulle unità immobiliari o, in alternativa, la dichiarazione che non sono stati reperiti titoli abilitativi perché l’immobile è di remota costruzione e non è stato interessato ad interventi edilizi per i quali era necessario munirsi di titoli abilitativi, con riferimento alle fonti di cui all’art. 9 bis TUE;

d) le informazioni urbanistiche complete;

e) eventuali tolleranze costruttive o esecutive;

f) le eventuali note tecniche e

g) l’asseverazione vera e propria.

A che serve quindi questa dichiarazione?

Consente:

1 – di poter eseguire legittimamente ulteriori interventi edilizi

2 – di vendere dando al fabbricato un valore commerciale “pieno”

3 – di evitare al venditore le conseguenze derivanti da una richiesta di danni da parte dell’acquirente.

Nella nostra Regione Emilia Romagna.

Il legislatore regionale, con 18 della L.R. 5/2025, ha recepito le modifiche del Salva Casa, modificando l’art. 19 bis della legge 23/2004, il cui testo di riposta di seguito.

Art. 19 bis – Tolleranze costruttive

1. Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro … delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del due per cento delle misure previste nel titolo abilitativo. Gli scostamenti rispetto alle misure progettuali di cui al presente comma valgono anche per le misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari.

1.1. Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i limiti:

a) del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati;

b) del 3 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;

c) del 4 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;

d) del 5 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati;

e) del 6 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati.

1.1.1.   Ai fini del computo della superficie utile di cui al comma 1.1, si tiene conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo.

1 bis. Fuori dai casi di cui ai commi 1 e 1.1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e dimensionali di modesta entità, la diversa collocazione di impianti e opere interne e le modifiche alle finiture degli edifici, eseguite nel passato durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina dell’attività edilizia di cui all’articolo 9, comma 3, della legge regionale n. 15 del 2013, … e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile. Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, costituiscono inoltre tolleranze esecutive ai sensi del primo periodo del presente comma il minore dimensionamento dell’edificio, la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali, le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e la difforme ubicazione delle aperture interne, la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria, gli errori progettuali corretti in cantiere e gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

1 ter. Nell’osservanza del principio di certezza delle posizioni giuridiche e di tutela dell’affidamento dei privati, costituiscono altresì tolleranze costruttive le parziali difformità, realizzate nel passato durante i lavori per l’esecuzione di un titolo abilitativo, laddove si abbia la prova che la certificazione di conformità edilizia e di agibilità rilasciata o presentata nelle forme previste dalla legge sia avvenuta a seguito di sopralluogo volto all’accertamento e verifica delle opere realizzate da parte di funzionari incaricati nonché le parziali difformità rispetto al titolo abilitativo legittimamente rilasciato, che l’amministrazione comunale abbia espressamente accertato nell’ambito di un procedimento edilizio e che non abbia contestato come abuso edilizio o che non abbia considerato rilevanti ai fini dell’agibilità dell’immobile. È fatta salva la possibilità di assumere i provvedimenti di cui all’articolo 21-nonies della legge n. 241 del 1990, nei limiti e condizioni ivi previste.

1 quater. Le tolleranze di cui ai commi 1, 1.1, 1 bis e 1 ter del presente articolo realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili:

a) nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie, ai sensi del comma 5 dell’articolo 10 bis della legge regionale n. 15 del 2013;

b) con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.

1 quinquies. Le tolleranze definite dal comma 1.1, relative ad interventi eseguiti in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa, sono soggette al regime previsto all’ articolo 2, comma 1, del regolamento Sito esterno di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 Sito esterno.

1 sexies. Per le tolleranze costruttive che interessino immobili ubicati nelle zone classificate sismiche trova applicazione quanto stabilito nel precedente articolo 17 quater.

1 septies. Nei casi di dichiarazione delle tolleranze di cui al comma 1 quater, lettera b):

a) per gli immobili ubicati nelle zone classificate sismiche all’epoca di realizzazione delle opere, il tecnico abilitato allega all’attestazione che gli interventi aventi rilevanza strutturale rispettano le prescrizioni di cui alla sezione I del capo IV della parte II del d.p.r. 380/2001 Sito esterno, l’autorizzazione di cui all’ articolo 11 della legge regionale 19 del 2008 richiesta presso lo Sportello Unico o l’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento rilasciata ai sensi dell’ articolo 94, commi 2 e 2-bis, del d.p.r. 380/2001 Sito esterno, ovvero, in caso di difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, una dichiarazione asseverata circa il decorso del termine del procedimento per i controlli in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di esito negativo dei controlli stessi da parte dello stesso Sportello Unico;

b) per le opere realizzate in data antecedente alla classificazione sismica del Comune, trova applicazione quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 17 quater.

1 octies. L’applicazione delle disposizioni contenute nel presente articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.

Per approfondimenti contatta pure lo Studio Notarile Carlo Camocardi.

Lo stato legittimo degli immobili dopo il decreto “Salva casa”

1. Tema cruciale

La verifica dello stato legittimo è diventata negli ultimi anni uno dei passaggi più delicati nelle compravendite e negli interventi edilizi. Non è raro che, al momento di vendere un appartamento o richiedere un mutuo, emergano difformità edilizie non gravi – piccoli spostamenti di tramezzi, finestre realizzate con dimensioni diverse da quelle in progetto, errori grafici nelle planimetrie – ma sufficienti a generare incertezza e ritardi.

A ciò si aggiunge un dato strutturale: oltre il 40% degli immobili italiani ha più di 60 anni, secondo le stime richiamate nella Relazione illustrativa del decreto Salva casa. Questo significa che per una parte rilevante del patrimonio edilizio reperire i titoli originari di costruzione è un’impresa ardua, se non impossibile.

Il legislatore è quindi intervenuto con il d.l. 29 maggio 2024 n. 69, convertito nella l. 24 luglio 2024 n. 105 (c.d. decreto Salva casa), introducendo un nuovo criterio per determinare lo stato legittimo degli immobili. L’obiettivo è chiaro: semplificare la dimostrazione della regolarità urbanistica, rafforzare la certezza giuridica nelle transazioni e favorire la riqualificazione del patrimonio esistente.

Sia però ben chiaro sin da subito:

è una riforma che non incide sulla commerciabilità giuridica dei fabbricati ma sulla commerciabilità economica.

In altre parole: le regole che tuttora disciplinano tutti gli atti che trasferiscono la proprietà (o altro diritto reale) sui fabbricati non sono cambiate. Un fabbricato può essere, ad esempio, compravenduto anche se è viziato da abusi, più o meno gravi, di natura edilizia, pur incidendo questi sul suo valore commerciale e sulla responsabilità del venditore.

2. A che serve quindi lo “stato legittimo” di un fabbricato?

La nozione di stato legittimo non ha solo valore teorico: essa costituisce il parametro di riferimento di diverse disposizioni del Testo Unico Edilizia (TUE), dalle modalità di presentazione dei titoli abilitativi fino alla disciplina delle tolleranze costruttive.

2.1. Stato legittimo e mutamenti d’uso (art. 23-ter TUE)

L’art. 23-ter TUE disciplina il mutamento della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante. La norma stabilisce che, ai fini della legittimità del cambio di destinazione, l’immobile debba essere conforme non solo agli strumenti urbanistici ma anche al proprio stato legittimo.

Conseguenza pratica:

  • chi intende trasformare, ad esempio, un locale commerciale in abitazione, deve dimostrare che l’immobile sia conforme al titolo edilizio originario o all’ultimo titolo rilasciato sull’intero edificio.
  • eventuali difformità non sanate possono precludere il cambio di destinazione, salvo ricorso agli strumenti di regolarizzazione previsti dal TUE.

2.2. Stato legittimo e dichiarazioni asseverate (art. 34-bis TUE)

L’art. 34-bis, introdotto dal d.l. 76/2020, consente al tecnico abilitato di attestare, con dichiarazione asseverata, la legittimità di alcune difformità minori (le c.d. tolleranze costruttive).

La dichiarazione tecnica ha valore non solo nei rapporti con il Comune ma anche ai fini civilistici, potendo essere allegata agli atti di trasferimento immobiliare.

La riforma del 2024 rafforza il collegamento tra attestazione tecnica e stato legittimo: la dichiarazione del professionista diventa uno strumento privilegiato per documentare la conformità dell’immobile, riducendo il rischio di contestazioni future.

2.3. Stato legittimo e tolleranze esecutive (art. 34-ter TUE)

L’art. 34-ter, anch’esso introdotto nel 2020, disciplina le tolleranze esecutive, cioè quelle difformità di minima entità che non costituiscono abuso edilizio.

Esempi:

  • irregolarità geometriche o di misure contenute entro il 2%;
  • modifiche interne di limitata entità;
  • errori grafici di rappresentazione progettuale.

Tali difformità non incidono sullo stato legittimo e possono essere dichiarate dal tecnico, con valore probatorio anche nei contratti.

2.4. Effetto sistemico della riforma del 2024

Con il decreto Salva casa, il concetto di stato legittimo si rafforza come architrave dell’intero sistema edilizio:

  • parametro per l’attività edilizia futura (mutamenti d’uso, ristrutturazioni, nuove autorizzazioni);
  • presupposto per la validità delle dichiarazioni tecniche asseverate.

3. Di che norme parliamo

3.1. L’art. 9-bis TUE

Con il decreto semplificazioni del 2020 (d.l. 76/2020, conv. l. 120/2020) il legislatore introduce, all’art. 9-bis, comma 1-bis TUE, la definizione di “stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare”.

Secondo la formulazione di allora:

  • lo stato legittimo derivava dal titolo edilizio che aveva autorizzato la costruzione o che l’aveva successivamente legittimata;

E

  • dal titolo che aveva disciplinato l’ultimo intervento edilizio sull’intero immobile, integrato da eventuali titoli parziali.

La logica era quella di fornire un criterio certo e uniforme, sostituendo le prassi difformi che i Comuni avevano nel tempo elaborato per attestare la regolarità edilizia.

3.2. La giurisprudenza costituzionale: uniformità nazionale

Con la sentenza 217/2022, la Corte costituzionale ha confermato che i criteri di determinazione dello stato legittimo costituiscono principio fondamentale del governo del territorio (art. 117, comma 3, Cost.).

Ne consegue che:

  • la materia non può essere disciplinata autonomamente dalle Regioni;
  • le norme statali hanno valore vincolante sull’intero territorio nazionale;
  • la finalità è duplice: semplificare l’azione amministrativa e assicurare certezza alla circolazione dei diritti immobiliari.

La Consulta ha inoltre chiarito che solo il titolo edilizio può costituire base dello stato legittimo, escludendo che documenti diversi, come i certificati di agibilità o abitabilità, possano sostituirlo. Questi ultimi attestano condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza, ma non equivalgono a prova di conformità edilizia.

 

4. La riforma del 2024: la nuova conformazione dello stato legittimo

Con il Salva Casa il legislatore è intervenuto in modo incisivo sull’art. 9-bis TUE, riformulando il comma 1-bis e ridefinendo la nozione di stato legittimo.

La novità principale consiste nell’introduzione di un criterio alternativo di attestazione:

  • lo stato legittimo può essere dimostrato dal titolo abilitativo originario che ha previsto o legittimato la costruzione dell’immobile;

OPPURE

  • dall’ultimo titolo edilizio rilasciato o assentito sull’intero immobile, a condizione che l’amministrazione, in sede di rilascio, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi.

In entrambi i casi, la ricostruzione resta completata dagli eventuali titoli parziali intervenuti nel tempo.

4.1. Alternatività “condizionata”

Non si tratta di una libertà piena: l’alternativa è subordinata a una condizione precisa. Perché l’ultimo titolo edilizio possa assolvere alla funzione di attestazione dello stato legittimo, è necessario che l’amministrazione comunale, nel rilasciarlo, abbia effettivamente verificato i titoli precedenti; occorre che vi sia stata una verifica concreta e sostanziale da parte dell’ufficio tecnico.

La Relazione al decreto chiarisce il senso della riforma: tutelare l’affidamento del privato. Se l’amministrazione, in passato, ha rilasciato un permesso di costruire nonostante piccole difformità non considerate rilevanti, non potrà successivamente contestare l’assenza di stato legittimo sull’immobile.

Quindi, l’aspetto innovativo e di rilievo è che, in presenza di difformità non rilevate al momento del rilascio del titolo edilizio, non può negarsi lo stato legittimo: ciò costituisce una vera e propria forma di “preclusione” all’azione amministrativa tardiva, con importanti riflessi anche sul piano processuale.

4.2. Le due vie di prova dello stato legittimo

Possiamo quindi distinguere due percorsi:

  1. Titolo originario → valido per chi riesce a reperire la licenza edilizia, concessione o permesso che ha legittimato la costruzione, eventualmente integrato dai titoli successivi.
  2. Ultimo titolo sull’intero immobile → utilizzabile quando il Comune, nel rilasciarlo, ha controllato i titoli precedenti, consentendo al privato di evitare la ricostruzione storica completa.

In entrambi i casi, eventuali difformità parziali non contestate in passato non potranno costituire motivo di assenza di stato legittimo.

5. I titoli edilizi e le questioni aperte

La definizione di stato legittimo ruota attorno al concetto di “titolo edilizio”. Tuttavia, la disciplina incontra diverse complessità, legate all’evoluzione normativa e alla vetustà di buona parte del patrimonio edilizio italiano.

5.1. Quali titoli sono idonei?

Rientrano certamente tra i titoli abilitativi rilevanti:

  • la licenza edilizia (introdotta dalla l. 1150/1942, resa obbligatoria in tutto il territorio comunale con la c.d. legge ponte, l. 765/1967, in vigore dal 1° settembre 1967);
  • la concessione edilizia (l. 10/1977, c.d. legge Bucalossi);
  • il permesso di costruire (oggi disciplinato dall’art. 10 TUE);
  • le SCIA e CILA, per gli interventi che ne sono oggetto.

Sono invece esclusi, come precisato anche dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale, documenti di altra natura quali il certificato di agibilità o abitabilità, che attesta condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza, ma non surroga il titolo edilizio.

5.2. Immobili realizzati prima del 1967

Il nodo principale riguarda gli immobili costruiti prima del 1° settembre 1967, data di entrata in vigore dell’obbligo generalizzato della licenza edilizia anche fuori dai centri abitati.

  • Fino al 1942, l’obbligo di licenza esisteva solo in alcune zone, secondo i regolamenti comunali.
  • Con la l. 1150/1942, l’obbligo si estende ai centri abitati e, per i Comuni dotati di piano regolatore, anche alle zone di espansione.
  • Solo con la l. 765/1967 la licenza diventa necessaria per qualsiasi nuova costruzione su tutto il territorio comunale.

Ne consegue che per gli edifici anteriori al 1967, costruiti fuori dai centri abitati o in assenza di regolamenti comunali, lo stato legittimo può essere attestato sulla base della documentazione storica disponibile (fotografie, mappe catastali, atti d’epoca).

5.3. Immobili realizzati dopo il 1967: dispersione dei titoli

Diversa la situazione per gli immobili edificati successivamente al 1967 (o anche prima in caso di adozione di regolamenti comunali). Qui la principale difficoltà è la dispersione dei titoli originari:

  • i documenti possono non essere reperibili per deterioramento o perdita degli archivi comunali;
  • spesso le copie non sono state conservate dai privati;
  • gli uffici tecnici operano in condizioni di cronica difficoltà nel ricostruire pratiche molto datate.

In tali casi, la riforma del 2024 offre una via di uscita: l’ultimo titolo edilizio sull’intero immobile, se rilasciato previa verifica dei titoli pregressi, può valere come prova dello stato legittimo, evitando ricerche archivistiche spesso infruttuose.

5.4. L’inesistenza di copie e la prova documentale

Il legislatore ha recepito l’indirizzo del Consiglio di Stato (sent. 1565/2017), secondo cui la pubblica amministrazione può basarsi anche su un principio di prova e non necessariamente su documentazione integrale.

In particolare, per attestare la legittimità di immobili costruiti in epoche risalenti possono bastare:

  • atti di compravendita con menzioni edilizie,
  • mappe catastali storiche,
  • certificazioni d’epoca,
  • dichiarazioni tecniche asseverate.

Il punto cruciale è che la ricostruzione non può gravare interamente sul privato, ma deve avvenire con la collaborazione dell’amministrazione, chiamata ad acquisire d’ufficio quanto già nei suoi archivi.

6. Lo stato legittimo negli edifici con più unità immobiliari

La nozione di stato legittimo acquista una particolare complessità quando si tratta di edifici composti da più unità immobiliari, come avviene nella quasi totalità dei condomini urbani.

6.1. La questione di fondo

Il problema nasce dalla necessità di distinguere:

  • da un lato, lo stato legittimo dell’intero edificio, che costituisce il “contenitore” edilizio;
  • dall’altro, lo stato legittimo delle singole unità immobiliari, ciascuna con eventuali interventi autonomi nel tempo.

La giurisprudenza e la dottrina hanno chiarito che, sebbene ogni unità possa essere oggetto di titolo autonomo (ad esempio una CILA per modifiche interne), essa resta pur sempre inserita in un organismo edilizio unitario, la cui legittimità complessiva deve essere verificata.

6.2. Il criterio introdotto dall’art. 9-bis

Il legislatore, con la riforma del 2020 e poi con il decreto Salva casa, ha individuato due criteri distinti ma integrabili:

  1. Titolo originario dell’edificio → rilevante per attestare la conformità dell’intero fabbricato.
  2. Titoli parziali → riferiti alle singole unità, che si sommano e si integrano al primo.

Ciò significa che il titolo relativo a un appartamento non può prescindere dal titolo dell’edificio nel suo complesso.

6.3. Esempio concreto

Immaginiamo un condominio costruito nel 1970 con regolare licenza edilizia. Negli anni successivi:

  • il singolo condomino A realizza nel 1990 modifiche interne con una DIA;
  • il condominio nel 2005 ottiene un permesso di costruire per ristrutturazione complessiva.

In base alla riforma del 2024, lo stato legittimo dell’intera costruzione può essere oggi provato attraverso il permesso del 2005, a condizione che il Comune, nel rilasciarlo, abbia verificato la regolarità dei titoli precedenti (1970 e 1990). Questo consente di evitare di ricostruire puntualmente la pratica del 1970.

6.4. Profili problematici

Non mancano, tuttavia, questioni ancora dibattute:

  • Frazionamenti e unità autonome: quando un immobile plurimo è stato frazionato in più unità, occorre verificare se l’intervento sia stato accompagnato da titolo edilizio, altrimenti può generare difformità sostanziali.
  • Unità con abusi isolati: se una singola unità presenta difformità non sanate, lo stato legittimo dell’edificio non copre automaticamente l’irregolarità della porzione. In questo caso la commerciabilità dell’unità può essere compromessa.

7. La dichiarazione asseverata e le tolleranze costruttive

7.1. Le tolleranze costruttive: una risposta a un problema diffuso

Chi opera nel settore immobiliare sa che raramente un edificio viene realizzato in perfetta corrispondenza con i progetti depositati.

Piccoli scostamenti geometrici, errori grafici nelle planimetrie, lievi modifiche esecutive costituiscono la regola, più che l’eccezione.

Per risolvere questo problema è stato introdotto l’art. 34-bis TUE (tolleranze costruttive), poi integrato dall’art. 34-ter TUE (tolleranze esecutive).

7.2. Differenza tra tolleranze costruttive ed esecutive

  • Tolleranze costruttive (art. 34-bis): riguardano modifiche di dettaglio che si manifestano in corso d’opera e che non incidono sulla conformità complessiva (ad es. lo spostamento di un tramezzo, una finestra leggermente più larga).
  • Tolleranze esecutive (art. 34-ter): sono deviazioni minime dai progetti autorizzati, quantificate percentualmente (es. scostamenti dimensionali entro il 2%).

In entrambi i casi, non si tratta di abusi edilizi ma di irregolarità non rilevanti, che non impediscono di considerare l’immobile conforme.

7.3. Il ruolo del tecnico abilitato

La legge attribuisce ai tecnici abilitati (ingegneri, architetti, geometri) il compito di attestare, con dichiarazione asseverata, l’esistenza di tolleranze.

Questa asseverazione ha valore probatorio qualificato:

  • produce effetti verso la pubblica amministrazione;
  • può essere allegata agli atti notarili di trasferimento;
  • rafforza la certezza nella circolazione immobiliare, evitando che difformità minime generino nullità o contestazioni.

Lo Studio CNN 225-2024 sottolinea che la dichiarazione asseverata assume rilievo non solo urbanistico ma anche civilistico, potendo integrare la documentazione necessaria per attestare lo stato legittimo.

7.4. Esempi pratici

  • Esempio 1: Difformità grafica

In un appartamento, il vano bagno è rappresentato in planimetria con dimensioni di 2,00 x 2,50 metri, ma nella realtà misura 2,05 x 2,45. Il tecnico attesta che lo scostamento rientra nella tolleranza esecutiva. L’immobile resta conforme, senza necessità di sanatoria.

  • Esempio 2: Spostamento di tramezzo

Un tramezzo interno è stato realizzato con uno scostamento di 10 cm rispetto al progetto. Il tecnico certifica la tolleranza costruttiva. Lo stato legittimo dell’unità resta intatto.

  • Esempio 3: Finestra di diversa dimensione

La finestra della cucina è stata realizzata con apertura di 1,25 m anziché 1,20 m. L’asseverazione tecnica la qualifica come tolleranza. In sede notarile, l’atto di vendita può essere stipulato senza riserve.

Per approfondimenti contatta pure lo Studio Notarile Carlo Camocardi.

Agibilità degli immobili con il “Salva casa”

Con l’entrata in vigore del Decreto-Legge 29 maggio 2024, n. 69, noto come “Salva casa”, cambia radicalmente la disciplina dell’agibilità degli edifici. È una modifica che incide direttamente sul mercato immobiliare, perché tocca uno degli aspetti più delicati e spesso più lenti nella gestione delle compravendite e degli interventi edilizi.

Fino ad oggi, l’agibilità era un atto formale rilasciato dal Comune a seguito di un procedimento amministrativo, che iniziava con la presentazione della documentazione tecnica e proseguiva con le verifiche d’ufficio. Un percorso che, nella pratica, significava spesso attendere settimane o mesi, con la conseguenza di posticipare rogiti, concessioni di mutui o anche semplici locazioni.

Il “Salva casa” introduce invece la Segnalazione Certificata di Agibilità: è il tecnico incaricato, e non più il Comune, a dichiarare che l’immobile possiede i requisiti di legge in materia di:

– sicurezza,

– igiene,

– salubrità,

– risparmio energetico e

– conformità degli impianti.

Questo significa tempi molto più rapidi, perché la dichiarazione può essere resa immediatamente, senza passare dall’iter autorizzatorio dell’amministrazione.

Al riguardo, è stato osservato che la disciplina corrente non prevede né il rilascio di un apposito provvedimento espresso, né la formazione di un titolo avente natura provvedimentale mediante silenzio assenso.

Il permesso di costruire (PdC) e l’agibilità sono, poi, collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro:

– il PdC è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche

– l’agibilità ha, appunto, la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene e risparmio energetico degli edifici e degli impianti.

Quando è obbligatoria:

– nuove costruzioni;

– ricostruzioni/sopraelevazioni (totali o parziali);

– interventi sugli edifici esistenti che incidono su sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico, infrastrutturazione digitale.

In altri termini, è obbligatoria quando per gli interventi edilizi sia previsto:

– un permesso di costruire

– una segnalazione certificata di inizio attività.

Si ritiene che possa essere presentata la Segnalazione Certificata di Agibilità, se in presenza dei requisiti fissati rigorosamente dal legislatore, anche per manufatti realizzati in precedenza, ma per i quali, nonostante la mancata esecuzione di nuovi interventi edilizi, l’agibilità non era mai stata richiesta o ancora per manufatti oggetto di condono edilizio il cui iter di agibilità non era stato ancora ottenuto, indipendentemente dall’inizio o meno del procedimento relativo.

La mancata presentazione di tale segnalazione – a seguito di un intervento edilizio, che abbia quale presupposto un permesso di costruire o una s. c. i. a., quale titolo abilitativo immediatamente precedente da parte dei titolari o da parte dei loro eredi o aventi causa – comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 77 a euro € 464.

Non solo. L’utilizzo dell’unità immobiliare, funzionale alla sua destinazione, può essere iniziato da parte del titolare del diritto reale che lo legittima, infatti, solo dalla data stessa nella quale è presentata allo sportello unico per l’edilizia la segnalazione certificata di agibilità, corredata di tutta la prescritta documentazione, sopra descritta analiticamente.

Il cambiamento della disciplina normativa non si limita a un mero spostamento di competenze. La riforma incide anche sulla sostanza: la presenza di lievi difformità edilizie non preclude più la possibilità di dichiarare l’agibilità, a condizione che non incidano sugli aspetti strutturali, sulla sicurezza dell’edificio o sui requisiti igienico-sanitari.

Si tratta di una novità rilevante, perché evita che irregolarità minime – come piccoli scostamenti nelle misure di vani interni o modifiche di dettaglio alle finiture – blocchino l’utilizzo o la compravendita di un immobile.

Immaginiamo, ad esempio, un appartamento nel quale sia stato spostato un tramezzo interno di pochi centimetri rispetto al progetto autorizzato. In passato, questa difformità, pur non avendo alcun impatto sulla stabilità o sull’igiene dell’edificio, poteva generare lungaggini per ottenere l’agibilità. Oggi, con il nuovo meccanismo, il tecnico può attestare subito la sussistenza dei requisiti, permettendo al venditore di rispettare i tempi concordati con l’acquirente e alla banca di procedere con l’erogazione del mutuo.

Naturalmente, la semplificazione si accompagna a un rafforzamento della responsabilità del professionista che sottoscrive la dichiarazione. Dichiarazioni mendaci o rese con negligenza possono comportare conseguenze penali e disciplinari. È quindi essenziale, per venditori e acquirenti, affidarsi a tecnici qualificati e verificare attentamente la documentazione prima della stipula.

Infine, un breve passaggio sulla distinzione tra mancanza formale e mancanza sostanziale del SCA.

Si parla di inagibilità formale quando manca il certificato o la segnalazione certificata, pur trattandosi di un immobile tecnicamente idoneo all’uso. In questo caso la giurisprudenza tende a escludere che vi sia automaticamente un inadempimento grave o un’ipotesi di aliud pro alio: l’acquirente può certamente lamentare un pregiudizio economico, ma la risoluzione del contratto dipende dalla concreta gravità della mancanza. Se il documento viene rilasciato successivamente, viene meno la causa stessa di contestazione.

Diverso è il caso di inagibilità sostanziale, quando cioè l’immobile non rispetta i requisiti di sicurezza, igiene o salubrità. Qui la carenza incide direttamente sull’utilizzabilità del bene e può legittimare più facilmente la risoluzione del contratto, la riduzione del prezzo o altre forme di tutela.

È importante ricordare che il rilascio della certificazione di agibilità non sana eventuali abusi edilizi: la regolarità urbanistica resta oggetto di un controllo distinto, che può comportare l’intervento repressivo del Comune. L’acquirente che intenda agire in giudizio ha l’onere di provare i vizi, ma può beneficiare del termine decennale per far valere i rimedi, senza le decadenze brevi tipiche della garanzia per vizi.

Dal punto di vista notarile, la novità consente di chiudere più rapidamente le operazioni, ma richiede attenzione nella raccolta e nella conservazione degli atti e delle dichiarazioni, a tutela di entrambe le parti.

L’agibilità, in definitiva, resta un elemento chiave per garantire la piena commerciabilità dell’immobile: il “Salva casa” non ne riduce l’importanza, ma ne rende più snello l’ottenimento, con vantaggi concreti per il mercato e per i cittadini.


Per approfondimenti contatta pure lo Studio Notarile Carlo Camocardi.

C’è da fare l’accettazione di eredità!

Ma perchè???

(Atto unico. Millesima replica)

Scena:            Interno giorno – Studio del Notaio

Personaggi: Notaio

Tizio (venditore)

Notaio, con tono paziente: “Signor Tizio, come le ho già spiegato, la dichiarazione di successione di sua madre, la compianta signora Tiziona, non ha alcun errore: è stata correttamente compilata, presentata e registrata all’Agenzia delle Entrate. Ora, però, per poter vendere la casa che Lei, caro signor Tizio ha ereditato, bisogna che si provveda a rendere visibile a chiunque che lei, signor Tizio, è diventato l’unico erede e proprietario, quindi …”

Tizio, visibilmente agitato: “… quindi… quindi… QUINDI niente!!!. Se la successione, che ho già fatto da un suo collega – che, tra l’altro, mi ha fatto pagare un sacco di soldi – non ha errori e io risulto pure erede anche dalle misure catastali… (come anche lei ha ben dovuto riconoscere), perchè mai adesso io le dovrei pagare altri 600 euro per fare un’altra roba che… non ho capito nemmeno come si chiama!!! Accettazione silenziosa?! o cos’altro??!!!”

Notaio, ancora pacatamente: “La capisco signor Tizio, ma è così ed è nel suo interesse, nonchè in quello dell’acquirente. Dunque… provo ad essere più chiaro. Guardi qui..” (il Notaio allunga a Tizio un foglio mentre gli dice…)

“Per precisione, si chiamano visure e non misure catastali… comunque sia, vede?! Ho schematizzato di seguito i punti importanti che spiegano il perchè il nostro diritto ha escogitato questo sistema. Serve per rendere visibile a tutti chi è proprietario di una casa. Si chiama “opponibilità” e deriva dalla pubblicità legale che si fa nei registri immobiliari.”

Tizio, leggermente più tranquillo, si avvicina al Notaio prendendo il foglio: “Dai sentiamo… Vada avanti”

Notaio, lentamente ma in modo deciso: “…

Ecco, questa scenetta si ripete più e più volte e da tanti anni negli studi notarili.

Per fortuna non è frequente che i vari signori Tizio si agitino così tanto, ma è vero che è assai mal digerito da ogni venditore di immobili il dover sostenere un’ulteriore spesa, dopo quella pagata al tecnico per la redazione dell’APE e dell’Attestazione di conformità edilizia e catastale (il famoso ARE dell’Emilia Romagna) e dopo aver pagato il saporito conto dell’Agenzia Immobiliare.

Non è raro poi che, dalla predisposizione dell’ARE, si scopra la necessità di sanatorie edilizie e di sistemazioni catastali varie.

E così i Notai e i loro collaboratori spiegano ai venditori le ragioni della necessità di adempiere all’obbligo della trascrizione dell’accettazione di eredità e ciò non solo per il dovere di far rispettare le norme del codice civile, ma soprattutto perchè queste norme determinano una situazione di stabilità degli acquisti e conseguente tranquillità delle parti.

Cliccando qui trovi il documento che illustra come accettare o rinunciare una eredità

Cliccando qui, invece, trovi il documento che illustra i perchè della trascrizione dell’accettazione di eredità

Accettazione e rinuncia di eredità

1 – Eredità e accettazione

Al decesso di una persona si APRE la sua SUCCESSIONE. In quel momento non c’è ancora l’erede o gli eredi, ma coloro che sono i parenti più prossimi o che sono indicati in un testamento, sono i CHIAMATI a diventare eredi.

Perchè questo? Perchè il codice civile concede al CHIAMATO un tempo, più o meno lungo, durante il quale valutare se subentrare nella titolarità dei beni, crediti e debiti lasciati dal defunto (= EREDITA’) oppure se rinunciarvi.

Quindi 2 alternative spettano al CHIAMATO:

A – ACCETTARE L’EREDITA’ e di conseguenza diventare EREDE. L’EREDE è colui che subentra o, per usare un’altra parola, succede in tutto il patrimonio del defunto, grande o piccolo che sia, nell’attivo e nel passivo, quindi anche nei debiti che il defunto abbia lasciato.

B – RINUNCIARE L’EREDITA’ e di conseguenza NON diventare EREDE rimanendo estraneo alla successione al defunto.

E’ quindi chiaro che prima di procedere con l’accettazione di eredità è importante valutare bene le conseguenze che ne derivano. Il Notaio è chi aiuta a fare questa valutazione.

2 – Come si accetta l’eredità?

Ci sono 2 forme di ACCETTAZIONE:

– ACCETTAZIONE ESPRESSA

– ACCETTAZIONE TACITA

3 – Come si fa una accettazione ESPRESSA?

L’accettazione ESPRESSA si fa esprimendo la propria volontà di diventare EREDE mediante la firma di un atto pubblico dal Notaio (o in cancelleria del Tribunale competente).

L’accettazione ESPRESSA di eredità può essere:

PURA E SEMPLICE: l’effetto è che tutto quello che il defunto ha lasciato “si mischia” con il patrimonio dell’erede (debiti e crediti);

CON BENEFICIO D’INVENTARIO: l’effetto è quello di tenere SEPARATO il patrimonio del defunto da quello dell’erede: i debiti del defunto non diventano subito debiti dell’erede.

MA ATTENZIONE: è questa una modalità MOLTO UTILE ma che deve essere ben valutata con il Notaio in modo da soppesare pro e contro.

4 – Come si fa una accettazione TACITA?

L’accettazione TACITA deriva:

– dal COMPORTAMENTO CONCLUDENTE del CHIAMATO: cioè il CHIAMATO si comporta da erede e lo fa firmando un qualsiasi documento che potrebbe firmare solo un erede (ad esempio in banca o in posta o in Comune), oppure gestendo i beni dell’eredità senza evidenziare che lo fa NON in qualità di erede.

Quindi, qualsiasi comportamento che possa essere valutato da un terzo come fatto da parte di chi è proprietario o titolare di un bene o di un diritto che è nell’eredità fa diventare EREDE.

– c’è un’altra modalità che fa diventare EREDE, anche senza che si assuma un particolare COMPORTAMENTO CONCLUDENTE: chi è nel possesso dei beni ereditari e non compie alcun atto per 3 MESI dal decesso, diventa AUTOMATICAMENTE EREDE.

Come risulta quindi chiaro, è importante che si chieda un confronto con il Notaio per scegliere con attenzione cosa fare.

3 – Come si rinuncia l’eredità?

La RINUNCIA si effettua esclusivamente con la FIRMA di un atto pubblico Notarile (o in cancelleria del Tribunale competente).

Trascrizione dell’accettazione di eredità

1 – Cosa significa TRASCRIVERE?

Nel gergo giuridico la parola TRASCRIVERE significa inserire nei cosiddetti REGISTRI IMMOBILIARI il trasferimento (modifica o estinzione) di diritti che abbiamo ad oggetto degli IMMOBILI (fabbricati e terreni).

Ad esempio: si trascrivere la compravendita della proprietà di un appartamento, oppure lo scioglimento della comunione con l’assegnazione della proprietà di terreni e case in proprietà esclusiva, oppure ancora la costituzione di una servitù di passaggio.

2 – A che scopo si TRASCRIVERE?

La TRASCRIZIONE è fondamentale per garantire a chiunque la tranquillità e la CERTEZZA del proprio diritto.

Chi compra casa, oppure un terreno vuole essere tranquillo che, dopo aver comprato, nessuno possa vantare dei diritti su quella casa o su quel terreno.

Il codice civile realizza questo effetto di certezza con 2 regole:

– la regola della priorità della trascrizione e

– la regola della continuità delle trascrizioni.

Per la regola della priorità della trascrizione, chi trascrive il proprio diritto a seguito dell’acquisto fattone, può oppure a chiunque altro di esserne divenuto titolare.

Esempio: Tizio ha un debito verso Caio. Tizio vende a Sempronio un appartamento, libero da ipoteche. Sempronio acquista e il Notaio TRASCRIVE l’acquisto nei Registri Immobiliari. Caio vuole mettere ipoteca sull’appartamento di Tizio, ma non ci riesce perchè nei registri immobiliari risulta che l’appartamento non è più di Tizio ma di Sempronio, perchè il Notaio ha TRASCRITTO.

Caio, purtroppo per lui, è arrivato tardi.

Per la regola della continuità delle trascrizioni, un soggetto può opporre con efficacia il suo diritto su di un immobile a chiunque glielo contesti, ma solo se risultano trascritti tutti i precedenti passaggi, come in una lunga catena, dove ogni anello è la trascrizione di un passaggio di diritti (ad esempio, della proprietà di un appartamento o di un terreno).

Esempio: Tizio vende a Caio nel 1995 una casa e il Notaio trascrive la compravendita (primo anello della catena); poi Caio dona a Caietto nel 2010 la stessa casa e il Notaio trascrive la donazione (secondo anello della catena); Caietto muore nel 2024 e Mevio, suo figlio, diventa erede perchè decorrono 3 mesi senza che abbia rinunciato l’eredità. Manca qui un atto del Notaio (l’esempio continua nel paragrafo successivo)

3 – Perchè trascrivere l’accettazione di eredità?

In ambito di successione ereditaria la trascrizione dell’acquisto dell’eredità è fondamentale per poter poi disporre dei diritti immobiliari ereditati con efficacia e certezza.

Continuiamo l’esempio prima interrotto: Mevio, che ha ereditato dal padre Caietto, vuole vendere a Primo la casa ereditata.

Senza la trascrizione dell’accettazione dell’eredità a favore di Mevio e contro il defunto Caietto, l’acquisto di Primo NON potrebbe essere efficacemente opposto ai terzi.

Immaginiamo poi che si trovi successivamente un testamento di Caietto che lascia in legato all’amica Maria, la quale accetta e il Notaio ne trascrive l’accettazione. Maria ha diritto di rivendicare la casa acquistata da Primo e Primo non può farci nulla, se non chiedere i danni a Mevio.

Nell’esempio fatto manca l’ultimo anello della catena, quello relativo al passaggio da Caieto a Mevio.

Con la trascrizione dell’accettazione dell’eredità si realizza la continuità delle trascrizioni (ci costituisce anche l’ultimo anello della catena) e l’acquisto di Primo può essere efficacemente opposto a Maria.