Aumenti di capitale con maggioranze “semplificate”

Il Decreto semplificazioni 76/2020, divenuto legge con la conversione 120/2020, dispone anche in materia di maggioranze necessarie per deliberare aumenti di capitale nelle società di capitali.

La volontà del legislatore dell’emergenza Covid è evidentemente quella di facilitare il rafforzamento patrimoniale delle SRL e delle SPA.

L’art. 44 del DL semplificazioni nella sua versione definitiva prevede una disciplina “a termine” fino al 30.6.2021 (commi 1, 2 e 3).

Spa – Assemblea straordinaria

Non viene fatta distinzione tra prima convocazione e convocazioni successive ed è previsto:

quorum costitutivo di almeno la metà del capitale sociale

quorum deliberativo della maggioranza del capitale rappresentato in assemblea

La disciplina codicistica invece agli artt. 2368, secondo comma e 2369, terzo e settimo comma prevede:

– per l’assemblea in prima convocazione: quorum deliberativo della maggioranza del capitale sociale, salvo maggioranza più elevata prevista dalla Statuto (non è previsto quorum costitutivo);

– per l’assemblea in seconda convocazione; quorum costitutivo di oltre 1/3 del capitale sociale e quorum deliberativo di almeno i 2/3 del capitale rappresentato in assemblea, salvo maggioranza più elevata prevista dalla Statuto.

SRL – Assemblea valida per deliberare modifiche statutarie (assemblea straordinaria)

La disciplina speciale è la medesima e prevede:

quorum costitutivo di almeno la metà del capitale sociale

quorum deliberativo della maggioranza del capitale rappresentato in assemblea

La disciplina codicistica invece agli artt. 2479 bis, richiamato dall’art. 2480 prevede:

– quorum costitutivo di almeno metà del capitale sociale e quorum deliberativo di almeno la metà del capitale sociale, salvo maggioranza più elevata prevista dalla Statuto.

Oggetto delle delibere assumibili con le maggioranze di cui sopra:

– aumenti di capitale da eseguire esclusivamente mediante nuovi conferimenti, siano essi in natura che in denaro.

Sono pertanto esclusi dalla disciplina in esame gli aumenti di capitale “gratuiti”, cioè realizzabili mediante imputazione a capitale di riserve e di altri fondi iscritti in bilancio e disponibili (artt. 2442 e 2481 ter cc).

Testo dell’Articolo 44 D.L. 76/2020 convertito nella legge 120/2020

Misure a favore degli aumenti di capitale​

1. In deroga agli articoli 2368, secondo comma, e 2369, terzo e settimo comma, del codice civile, sino alla data del 30 giugno 2021, a condizione che sia rappresentata almeno la metà del capitale sociale, sono approvate con il voto favorevole della maggioranza del capitale rappresentato in assemblea, anche qualora lo statuto preveda maggioranza più elevate, le deliberazioni aventi ad oggetto:

a) gli aumenti del capitale sociale mediante nuovi conferimenti, ai sensi degli articoli 2439,2440 e 2441 del codice civile;

b) l’introduzione nello statuto della delega agli amministratori ad aumentare il capitale sociale, ai sensi dell’articolo 2443 del codice civile, per aumenti di capitale da deliberare fino al 30 giugno 2021.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle società a responsabilità limitata, ai sensi degli articoli 2480,2481 e 2481-bis del codice civile.

3. Sino alla data del 30 giugno 2021, le società con azioni quotate in mercati regolamentati o negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione possono deliberare l’aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti, con esclusione del diritto di opzione, ai sensi dell’articolo 2441, quarto comma, secondo periodo, del codice civile, anche in mancanza di espressa previsione statutaria, nei limiti del 20 per cento del capitale sociale preesistente.

4 (omissis)

Scade il 31.12.2020. Credito d’imposta per aumenti di capitale: un possibile vantaggio sia per il socio che per la società

L’art. 26 del DL 34/2020, cosiddetto Decreto Rilancio, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77, concede un credito d’imposta utilizzabile sia dal socio, sia dalla società.

Tale disciplina di aiuto è applicabile a seguito della autorizzazione della Commissione Europea e nei limiti delle risorse stanziate, pari a 4 miliardi di euro.

A favore del socio conferente denaro: credito d’imposta pari al 20% (comma 4).

Limite del conferimento su cui calcolare il 20%: euro 2.000.000,00

Utilizzo: dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di effettuazione dell’investimento e in quelle successive fino a quando non se ne conclude l’utilizzo nonché, a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento, anche in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

La partecipazione riveniente dal conferimento debba essere posseduta fino al 31 dicembre 2023.

A favore delle società conferitarie: credito d’imposta pari al 50% perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale e comunque nei limiti previsti dal comma 20. La distribuzione di qualsiasi tipo di riserve prima del 1° gennaio 2024 da parte della società ne comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo di restituire l’importo, unitamente agli interessi legali.

La disciplina in esame si applica nel caso in cui vengano deliberati aumenti di capitale da parte di:

– società per azioni,

– società in accomandita per azioni,

– società a responsabilità limitata, anche semplificata,

– società cooperative,

– società europee di cui al Regolamento (CE) n. 2157/2001,

– società cooperative europee di cui al Regolamento (CE) n. 1435/2003, aventi sede legale in Italia (escluse quelle di cui all’articolo 162-bis TUIR e quelle che esercitano attività assicurative).

Possono beneficiare anche società in concordato preventivo di continuità con omologa già emessa che si trovano in situazione di regolarità contributiva e fiscale all’interno di piani di rientro e rateizzazione già esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Criteri soggettivi e oggettivi che devono essere presenti:

a) affinchè il socio conferente possa beneficiare del credito:

– la società sia regolarmente costituita e iscritta nel registro delle imprese;

– presenti ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), TUIR relativo al periodo d’imposta 2019 superiore a 5 milioni di Euro e fino a 50 milioni di Euro; nel caso in cui la società appartenga ad un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;

– abbia subìto, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo e aprile 2020, una riduzione complessiva dell’ammontare dei ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), TUIR, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in misura non inferiore al 33%; nel caso in cui la società appartenga ad un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;

– abbia deliberato ed eseguito dopo l’entrata in vigore del presente Decreto Legge ed entro il 31 dicembre 2020 un aumento di capitale a pagamento purché integralmente versato;

b) affinchè ne possa beneficiare anche la società, in aggiunta a quelli di cui alla precedente lettera a):

– alla data del 31 dicembre 2019 non rientrasse nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del Regolamento (UE) n. 651/2014, del Regolamento (UE) n. 702/2014 del 25 giugno 2014 e del Regolamento (UE) n. 1388/2014 del 16 dicembre 2014;

– si trovi in situazione di regolarità contributiva e fiscale;

– si trovi in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell’ambiente;

– non rientri tra le società che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;

– non si trovi nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 Decreto Legislativo 6 settembre 2011 n. 159;

– nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo non sia intervenuta condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di Imposte sui Redditi e sul Valore Aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria di cui all’articolo 12, comma 2, del Decreto Legislativo 10 marzo 2000 n. 7.

La società decade dal credito d’imposta qualora distribuisca qualsiasi tipo di riserve prima dell’1 gennaio 2024; in tal caso sorge l’obbligo in capo alla stessa di restituire l’importo unitamente agli interessi legali.

Ulteriori limiti previsti dal comma 20:

I benefici previsti sia a favore del singolo investitore sia a favore della società sono cumulabili fra di loro e con eventuali altre misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui la società abbia beneficiato ai sensi del paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione Europea recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”.

L’importo complessivo lordo delle suddette misure di aiuto non deve eccedere per ciascuna società l’ammontare di 800.000 Euro ovvero 120.000 Euro per le imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura o 100.000 Euro per le imprese operanti nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli.

Non si tiene conto di eventuali misure di cui la società abbia beneficiato ai sensi del Regolamento della Commissione n. 1407/2013, del Regolamento della Commissione n. 702/2014 e del Regolamento della Commissione n. 717/2013 ovvero ai sensi del Regolamento (UE) n. 651/2014, del Regolamento (UE) n. 702/2014 del 25 giugno 2014 e del Regolamento (UE) n. 1388/2014 del 16 dicembre 2014.

Ai fini della verifica del rispetto dei suddetti limiti, la società ottiene dai soggetti preposti l’attestazione della misura dell’incentivo di cui abbia usufruito. Di talché, la società stessa presenta una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47 del DPR n. 445 del 28 dicembre 2000, con la quale il legale rappresentante attesta, sotto la propria responsabilità, che le misure previste dall’art. 26, commi 4 e 8, sommate con le misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui la società ha beneficiato, ai sensi del paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione Europea di cui sopra, non superino i limiti suddetti. Con il medesimo atto il legale rappresentante dichiara, altresì, di essere consapevole che l’aiuto eccedente detti limiti è da ritenersi percepito indebitamente e oggetto di recupero ai sensi della disciplina dell’Unione Europea.

Testo della norma

Art. 26 – Rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni

1. Le misure previste dal presente articolo si applicano, in conformità a tutti i criteri e le condizioni ivi previsti, agli aumenti di capitale delle società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, anche semplificata, società cooperative, -società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003, aventi sede legale in Italia, escluse quelle di cui all’articolo 162-bis del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e quelle che esercitano attività assicurative, qualora la società regolarmente costituita e iscritta nel registro delle imprese, soddisfi le seguenti condizioni:

a) presenti un ammontare di ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 relativo al periodo d’imposta 2019, superiore a cinque milioni di euro, ovvero dieci milioni di euro nel caso della misura prevista al comma 12, e fino a cinquanta milioni di euro; nel caso in cui la società appartenga ad un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;

b) abbia subito, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo e aprile 2020, una riduzione complessiva dell’ammontare dei ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in misura non inferiore al 33%; nel caso in cui la società appartenga ad un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;

c) abbia deliberato ed eseguito dopo l’entrata in vigore del presente decreto legge ed entro il 31 dicembre 2020 un aumento di capitale a pagamento e integralmente versato; per l’accesso alla misura prevista dal comma 12 l’aumento di capitale non è inferiore a 250.000 euro.

2. Ai fini delle misure previste ai commi 8 e 12 la società soddisfa altresì le seguenti condizioni:

a) alla data del 31 dicembre 2019 non rientrava nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del Regolamento (UE) n. 651/2014, del regolamento (UE) n. 702/2014 del 25 giugno 2014 e del Regolamento (UE) n. 1388/2014 del 16 dicembre 2014;

b) si trova in situazione di regolarità contributiva e fiscale;

c) si trova in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell’ambiente;

d) non rientra tra le società che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea;

e) non si trova nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 del decreto​ legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (1);

f) nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo non è intervenuta condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (2);

g) solo nel caso di accesso alla misura di cui al comma 12, il numero di occupati è inferiore a 250 persone.

2-bis. I benefici di cui al comma 2 si applicano anche alle aziende in concordato preventivo di continuita’ con omologa gia’ emessa che si trovano in situazione di regolarita’ contributiva e fiscale all’interno di piani di rientro e rateizzazione gia’ esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto (3)

3. L’efficacia delle misure previste dal presente articolo è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea.

4. Ai soggetti che effettuano conferimenti in denaro, in una o più società, in esecuzione dell’aumento del capitale sociale di cui al comma 1, lettera c), spetta un credito d’imposta pari al 20 per cento.

5. L’investimento massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d’imposta non può eccedere euro 2.000.000. La partecipazione riveniente dal conferimento deve essere posseduta fino al 31 dicembre 2023. La distribuzione di riserve, di qualsiasi tipo, prima di tale data da parte della società oggetto del conferimento in denaro comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo del contribuente di restituire l’ammontare detratto, unitamente agli interessi legali. L’agevolazione spetta all’investitore che ha una certificazione della società conferitaria che attesti di non aver superato il limite dell’importo complessivo agevolabile di cui al comma 20 ovvero, se superato, l’importo per il quale spetta il credito d’imposta. Non possono beneficiare del credito d’imposta le società che controllano direttamente o indirettamente la società conferitaria, sono sottoposte a comune controllo o sono collegate con la stessa ovvero sono da questa controllate.

6. I commi 4 e 5 si applicano anche agli investimenti effettuati in stabili organizzazioni in Italia di imprese con sede in Stati membri dell’Unione europea o in Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, nel rispetto di quanto previsto al comma 1. I commi 4 e 5 si applicano altresì quando l’investimento avviene attraverso quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio residenti nel territorio dello Stato, ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, che investono in misura superiore al 50% nel capitale sociale delle imprese di cui al presente articolo.

7. Il credito d’imposta di cui al comma 4 è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di effettuazione dell’investimento e in quelle successive fino a quando non se ne conclude l’utilizzo nonché, a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento, anche in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

8. Alle società di cui al comma 1, che soddisfano le condizioni di cui al comma 2, è riconosciuto, a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020, un credito d’imposta pari al 50% delle perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale di cui al comma 1, lettera c), e comunque nei limiti previsti dal comma 20. La distribuzione di qualsiasi tipo di riserve prima del 1° gennaio 2024 da parte della società ne comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo di restituire l’importo, unitamente agli interessi legali.

9. Il credito d’imposta di cui al comma 8 è utilizzabile in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento. Non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

10. Per la fruizione dei crediti di imposta previsti dal presente articolo è autorizzata la spesa nel limite complessivo massimo di 2 miliardi di euro per l’anno 2021. A tal fine, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito, per il medesimo anno, un apposito Fondo.

11. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al precedente comma 10.

12. Ai fini del sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, è istituito il fondo denominato« Fondo Patrimonio PMI”» (di seguito anche il “Fondo”), finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020, entro i limiti della dotazione del Fondo, obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione, con le caratteristiche indicate ai commi 14 e 16 (di seguito “gli strumenti finanziari “), emessi dalle società di cui al comma 1, che soddisfano le condizioni di cui al comma 2, per un ammontare massimo pari al minore importo tra tre volte l’ammontare dell’aumento di capitale di cui al comma 1, lettera c), e il 12,5 per cento dell’ammontare dei ricavi di cui al comma 1, lettera a). Qualora la società sia beneficiaria di finanziamenti assistiti da garanzia pubblica in attuazione di un regime di aiuto ai sensi del paragrafo 3.2 della Comunicazione della Commissione europea recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, ovvero di aiuti sotto forma di tassi d’interesse agevolati in attuazione di un regime di aiuto ai sensi del paragrafo 3.3 della stessa Comunicazione, la somma degli importi garantiti, dei prestiti agevolati e dell’ammontare degli Strumenti Finanziari sottoscritti non puo’ superare il maggiore valore tra: il 25 per cento dell’ammontare dei ricavi di cui al comma 1, lettera a); il doppio dei costi del personale della società relativi al 2019, come risultanti dal bilancio ovvero da dati certificati se l’impresa non ha approvato il bilancio; il fabbisogno di liquidità della società per i diciotto mesi successivi alla concessione della misura di aiuto, come risultante da una autocertificazione del rappresentante legale. Gli Strumenti Finanziari possono essere emessi in deroga ai limiti di cui all’articolo 2412, primo comma, del codice civile (4).

13. La gestione del Fondo è affidata all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa – Invitalia, o a società da questa interamente controllata (di seguito anche “il Gestore”)

14. Gli Strumenti Finanziari sono rimborsati decorsi sei anni dalla sottoscrizione. La società emittente può rimborsare i titoli in via anticipata decorsi tre anni dalla sottoscrizione. Gli Strumenti Finanziari sono immediatamente rimborsati in caso di informazione antimafia interdittiva. Nel caso in cui la società emittente sia assoggettata a fallimento o altra procedura concorsuale, i crediti del Fondo per il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi sono soddisfatti dopo i crediti chirografari e prima di quelli previsti dall’articolo 2467 cod.civ..

15. La società emittente assume l’impegno di:

a) non deliberare o effettuare, dalla data dell’istanza e fino all’integrale rimborso degli Strumenti Finanziari, distribuzioni di riserve e acquisti di azioni proprie o quote e di non procedere al rimborso di finanziamenti dei soci;

b) destinare il finanziamento a sostenere costi di personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia;

c) fornire al Gestore un rendiconto periodico, con i contenuti, la cadenza e le modalità da quest’ultimo indicati, al fine di consentire la verifica degli impegni assunti ai sensi del presente comma e definiti ai sensi del decreto di cui al comma 16.

16. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono definite caratteristiche, condizioni e modalità del finanziamento e degli Strumenti Finanziari. Gli interessi maturano con periodicità annuale e sono corrisposti in unica soluzione alla data di rimborso. Nel decreto sono altresì indicati gli obiettivi al cui conseguimento può essere accordata una riduzione del valore di rimborso degli Strumenti Finanziari.

17. L’istanza è trasmessa al Gestore secondo il modello uniforme da questo reso disponibile sul proprio sito Internet, corredata della documentazione ivi indicata. Il Gestore può prevedere ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti di cui ai commi 1 e 2 la presentazione di dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Qualora il rilascio dell’informativa antimafia non sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati unica prevista dall’articolo 96 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ferma restando la richiesta di informativa antimafia da parte del Gestore, le istanze di accesso agli interventi del Fondo sono integrate da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con la quale il legale rappresentante attesta, sotto la propria responsabilità, di non trovarsi nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Il Gestore, tenuto conto dello stato di emergenza sanitaria, può procedere alla attuazione di quanto previsto dal presente articolo anche prima dei termini previsti dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.Il Gestore procede, secondo l’ordine cronologico di presentazione delle istanze

18. Il Gestore, verificata la sussistenza dei requisiti di cui ai commi 1 e 2, l’esecuzione dell’aumento di capitale di cui al comma 1, lettera c), la conformità della deliberazione di emissione degli Strumenti Finanziari a quanto previsto dal presente articolo e al decreto di cui al comma 16, e l’assunzione degli impegni di cui al comma 15, procede, entro i limiti della dotazione del Fondo, alla sottoscrizione degli stessi e al versamento del relativo apporto nell’anno 2020.

19. Il Fondo ha una dotazione iniziale pari a 4 miliardi di euro per l’anno 2020. Per la gestione del Fondo è autorizzata l’apertura di apposita contabilità speciale. Il Gestore e’ autorizzato a trattenere dalle disponibilita’ del Fondo un importo massimo per operazione pari, nell’anno 2020, allo 0,4 per cento del valore nominale degli Strumenti Finanziari sottoscritti e, negli anni successivi e fino all’esaurimento delle procedure di recupero dei crediti vantati verso le societa’ emittenti, allo 0,2 per cento del valore nominale degli Strumenti Finanziari non rimborsati, con oneri valutati in 9,6 milioni di euro per l’anno 2020, in 4,8 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2021  al 2023 e in 3,8 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024 (5) .

19-bis. In considerazione delle peculiarita’ normative delle imprese a carattere mutualistico e senza fine di speculazione privata e della loro funzione sociale, il Gestore puo’ avvalersi, mediante utilizzo delle risorse di cui al secondo periodo del comma 19, delle societa’ finanziarie partecipate e vigilate dal Ministero dello sviluppo economico costituite per il perseguimento di una specifica missione di interesse pubblico ai sensi dell’articolo 17, commi 2 e 4, della legge 27 febbraio 1985, n. 49, le quali assolvono, limitatamente alle societa’ cooperative, le funzioni attribuite al soggetto gestore ai sensi del presente articolo, secondo le condizioni e con le modalita’ definite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico (6) .

20. I benefici previsti ai commi 4 e 8 sono cumulabili tra loro e con eventuali altre misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui la società ha beneficiato ai sensi del paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”. L’importo complessivo lordo delle suddette misure di aiuto non eccede per ciascuna società di cui al comma 1 l’ammontare di 800.000 euro, ovvero 120.000 euro per le imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura o 100.000 euro per le imprese operanti nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli. Non si tiene conto di eventuali misure di cui la società abbia beneficiato ai sensi del regolamento della Commissione n.1407/2013, del regolamento (UE) della Commissione n. 1408/2013 e del regolamento (UE) della Commissione n. 717/2014 ovvero ai sensi del regolamento (UE) n. 651/2014, del regolamento(UE) n. 702/2014 del 25 giugno 2014 e del regolamento (UE) n. 1388/2014 del 16 dicembre 2014. Ai fini della verifica del rispetto dei suddetti limiti la società ottiene dai soggetti indicati ai commi 4 e 6 secondo periodo, l’attestazione della misura dell’incentivo di cui si è usufruito. La società presenta una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con la quale il legale rappresentante attesta, sotto la propria responsabilità, che le misure previste ai commi 4 e 8, sommate con le misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui la società ha beneficiato, ai sensi del paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, non superano i limiti suddetti. Con il medesimo atto il legale rappresentante dichiara, altresì, di essere consapevole che l’aiuto eccedente detti limiti è da ritenersi percepito indebitamente e oggetto di recupero ai sensi della disciplina dell’Unione europea (7).

21. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 265.

[1] Lettera modificata dall’articolo 1, comma 1, della Legge 17 luglio 2020, n. 77, in sede di conversione.

[2] Lettera modificata dall’articolo 1, comma 1, della Legge 17 luglio 2020, n. 77, in sede di conversione.

[3] Comma inserito dall’articolo 1, comma 1, della Legge 17 luglio 2020, n. 77, in sede di conversione.

[4] Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, della Legge 17 luglio 2020, n. 77, in sede di conversione.

[5] Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, della Legge 17 luglio 2020, n. 77, in sede di conversione.

[6] Comma inserito dall’articolo 1, comma 1, della Legge 17 luglio 2020, n. 77, in sede di conversione.

[7] Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, della Legge 17 luglio 2020, n. 77, in sede di conversione.

Donazione fa rima con… attenzione

Notaio attività associazionismo e terzo settore

Quasi sempre sono i genitori, a volte i nonni, molto più raramente gli amici che con un atto di donazione trasferiscono a figli, a nipoti o ad altri amici diritti immobiliari (la proprietà o l’usufrutto di un appartamento, una casa, un terreno).

Vari sono anche i motivi che spingono le persone a donare un immobile: il bisogno del donatario certamente, ma anche un’idea di pianificazione successoria, oppure la volontà di risparmiare imposte qual è l’IMU, o ancora la pianificazione di un nuovo acquisto.

La donazione (perchè sia tale e non anche un tipo diverso di contratto), deve necessariamente essere stipulata con atto notariale e in presenza di due testimoni. Il Notaio, quando il cliente gli si rivolge per richiedergli la stipula, illustra a donante e donatario la cosiddetta maggiore difficoltà alla commercializzazione dell’immobile di provenienza donativa.

Che significa? Che quando il donatario (cioè chi ha ricevuto la donazione) intendesse vendere a terzi l’oggetto della donazione, oppure intendesse concederlo in ipoteca a garanzia di un mutuo da concedersi da parte di una banca, è certo che incontrerebbe le resistenze del terzo potenziale acquirente, informato quest’ultimo dal proprio Notaio o dall’agenzia immobiliare o dalla banca stessa.

Infatti il codice civile tutela i diritti dei legittimari, cioè di particolari parenti del donante deceduto. I figli, il coniuge e, in assenza di figli, i genitori vantano così il diritto ad una quota di eredità. Il calcolo della quota di eredità di spettanza dei legittimari è fatto tenendo conto, non solo di ciò che il defunto ha lasciato, ma anche di quanto in vita ha voluto donare.

La tutela che la legge concede ai legittimari è talmente forte da prevedere la possibilità di soddisfare il proprio diritto recuperando al patrimonio ereditario anche gli immobili che furono oggetto delle precedenti donazioni e ciò non solo contro i donatari, ma anche contro coloro che eventualmente ne avessero acquisito successivamente diritti (ad es. acquisto della proprietà o ipoteca).

Ecco perchè un immobile di provenienza donativa è più difficilmente commerciabile e questo per 20 anni dalla data della donazione, oppure per 10 anni dal decesso del donante.

La normativa, seppur limitatamente, e la prassi notarile, hanno individuato alcune soluzioni idonee a superare la minor appetibilità commerciale dell’immobile donato.

1) Nel caso in cui il donante sia già deceduto, ma da meno di 10 anni, tutti i legittimari, con un atto notarile, possono rinunciare all’azione di riduzione e restituzione dell’immobile (o anche solo all’azione di restituzione). In tal modo si viene ad eliminare il loro diritto alla soddisfazione della loro spettanza ereditaria su quanto è stato oggetto della donazione, con definitiva tranquillità dei terzi.

Tale soluzione, quindi, comporta il consenso di tutti i legittimari che, tuttavia, non sempre si riesce ad ottenere.

Si immagini il caso: nel 2016 il signor Mario, sposato con Maria, ha donato a Luigi, primo dei suoi 4 figli, un appartamento. Mario muore nel 2019.

Oggi Luigi si trova nella necessità di abitare con la propria famiglia un appartamento più grande che intende acquistare dopo aver venduto quello donatogli dal padre. Accordatosi con Giovanni sul prezzo, si recano dal Notaio per dargli incarico alla stipula della vendita, ma Marco, ricevute dal Notaio le opportune informazioni, pone in dubbio la conclusione del suo acquisto.

Allora Luigi chiede alla propria madre Maria e ai 3 fratelli di fare un atto dal Notaio con il quale rinunciare all’azione di restituzione, cioè al loro diritto di soddisfarsi sull’immobile oggetto della donazione. Uno dei tre fratelli non accetta la proposta di Luigi e non intende rinunciare.

2) Nel caso in cui il donante non sia (ancora) deceduto vengono invece in soccorso maggiori possibilità per perseguire l’obiettivo della migliore commerciabilità dell’immobile donativo:

a) atto di “rinuncia all’opposizione alla donazione” da farsi da parte del coniuge e di tutti i parenti in linea retta del donante previsto dall’art. 563, ultimo comma, c.c.. Non si rimanga ingannati dalla definizione codicistica di tale atto: i potenziali legittimari, anche quando siano tutti quelli esistenti a quel momento, con questo atto non rinunciano nè al loro diritto di soddisfarsi sull’immobile donativo, nè, tanto meno, al loro diritto di legittima, ma rinunciano “solo” all’effetto derivante dal decorso del ventennio dalla data della donazione (ben inteso che non intervenga nel mentre anche il decesso del donante). Con questa norma introdotta nel codice nel 2005, la montagna ha partorito il topolino;

b) stipula della assicurazione “donazione sicura”. E’ questa una soluzione che deriva dal mondo assicurativo e certamente facilita l’erogazione dei mutui bancari, in quanto, in caso di azione da parte dei legittimari per il soddisfacimento dei loro diritti, eroga una somma a copertura del danno subito. L’erogazione può essere fatta ai legittimari stessi e in tal modo, oltre alla soddisfazione del loro interesse economico, l’immobile rimane nella proprietà del terzo acquirente, come anche l’eventuale ipoteca rimane iscritta a favore della banca creditrice.

Oppure la somma viene erogata a favore del terzo acquirente o della banca qualora il terzo acquirente stesso non intenda esercitare la facoltà a lui concessagli dal terzo comma dell’art. 563 c.c. di liberarsi dall’obbligo di restituire l’immobile pagando l’equivalente in denaro.

E’ necessario che venga determinato in modo attento il valore da assicurare perchè in relazione a quello verrà poi erogata la somma nel caso in cui i legittimari ottengano il diritto alla restituzione dell’immobile.

Le polizze consentono che la somma assicurata sia liberamente scelta dal contraente in funzione del valore dell’immobile e può essere aggiornata, secondo le necessità delle parti, durante tutto il periodo di validità della copertura assicurativa. E’ quindi un costo che va ad incidere sull’operazione di compravendita immobiliare e, eventualmente, anche negli anni successivi;

c) atto di “rinuncia all’azione di restituzione” da farsi contestualmente all’atto di donazione (o anche successivamente) da parte del coniuge e di tutti i parenti in linea retta del donante a quel momento esistenti (potenziali legittimari al momento del decesso). E’ questa una soluzione che raggiunge direttamente l’obiettivo di privare i potenziali legittimari (che non ricevono la donazione) del loro diritto ad agire, una volta intervenuto il decesso del donante, per ottenere la soddisfazione del loro diritto attraverso la restituzione dell’immobile donativo.

La possibilità che al momento del decesso del donante siano presenti ulteriori legittimari oltre al coniuge e ai discendenti in linea retta che rinunciarono all’azione di restituzione determina una fragilità di questo rimedio.

Si immagini questa ipotesi: nel 2006 il signor Mario, sposato con Maria, ha donato a Luigi, primo dei suoi 4 figli, un appartamento. Contestualmente alla donazione Maria e i tre fratelli di Luigi intervengono all’atto per rinunciare all’azione di restituzione a loro eventualmente in futuro spettante. Mario, rimasto vedono, si risposa nel 2015.

Oggi Luigi si trova nella necessità di abitare con la propria famiglia un appartamento più grande che intende acquistare dopo aver venduto quello donatogli dal padre. Accordatosi con Giovanni sul prezzo, si recano dal Notaio per dargli incarico alla stipula della vendita, ma Marco, ricevute dal Notaio le opportune informazioni, pone in dubbio la conclusione del suo acquisto per la sopravvenienza di un nuovo coniuge che potrà essere legittimario al momento del decesso di Mario.

d) atto di “mutuo dissenso”: è questa la risposta migliore e più efficiente al problema che qui si sta affrontando. L’espressione “mutuo dissenso” non ha nulla a che spartire con il contratto di mutuo, quale contratto di finanziamento, nè con la mancanza di accordo o consenso tra le parti.

La parola “mutuo” è usata nel suo significato di “reciproco” e “dissenso” è usata nel significato di “contrasto”.

Il contratto di “mutuo dissenso”, stipulato tra gli originari donante e donatario (o loro eredi o legatari) produce l’effetto di eliminare e sopprimere retroattivamente la donazione ed il suo valore regolamentare che crea il problema della commerciabilità del bene che ne è stato oggetto.

E’ questo un contratto autonomo rispetto alla donazione a cui si riferisce e che ripristina la situazione anteriore alla donazione: è come se il primo contratto non fosse mai intervenuto, gli effetti sono cancellati con l’eliminazione del contratto.

Ancora oggi è possibile leggere, soprattutto navigando su Internet, opinioni dubbiose sugli effetti del “mutuo dissenso”, legate ad una ricostruzione concettuale artificiosa e non rispettosa della volontà delle parti, questa diretta al raggiungimento degli effetti ripristinatori della precedente situazione giuridica, come permesse dal nostro ordinamento giuridico con le norme contenute negli artt. 1322 e 1372 c.c..

Il mutuo dissenso non è un atto uguale e contrario a quello che si intende eliminare perchè la volontà delle parti non è certo quella di effettuare un trasferimento donativo, come dire, “di ritorno” da parte di chi era stato il donatario a chi era stato il donante, invertendo così le posizioni contrattuali.

Anche la Cassazione ha, ormai da qualche anno, definitivamente e chiaramente stabilito che tale soluzione sia idonea al perseguimento del risultato desiderato (Cass. 20445 del 6.10.2011).

Si immagini quindi tale ipotesi: nel 2006 il signor Mario, sposato con Maria, ha donato a Luigi, primo dei suoi 4 figli, un appartamento. Oggi Luigi si trova nella necessità di abitare con la propria famiglia un appartamento più grande che intende acquistare dopo aver venduto quello donatogli dal padre. Accordatosi con Giovanni sul prezzo, si recano dal Notaio per dargli incarico alla stipula della vendita, ma Marco, ricevute dal Notaio le opportune informazioni, pone in dubbio la conclusione del suo acquisto.

Il Notaio propone, quindi, a Luigi di eliminare retroattivamente la donazione che lo fece diventare proprietario e così Mario e Luigi decidono di stipulare il contratto di mutuo dissenso della donazione fatta nel 2006. Mario, ritornato nella proprietà dell’appartamento come se mai fosse stato donato a Luigi, conclude la vendita a favore di Giovanni pienamente tranquillo della bontà e stabilità del proprio acquisto. Mario, poi, donerà a Luigi la somma di denaro ricavata dalla vendita consentendogli di procedere con il suo nuovo acquisto.