Le partecipazioni (azioni di SPA e quote di SRL) auto-estinguibili: come preparare l’uscita da una società

Dalla lettura del giornale arrivano spesso spunti interessanti. Mi è capitato anche qualche settimana fa di imbattermi nella lettura dell’informazione che Assonime (l’associazione tra le spa italiane) ha pubblicato il “caso n. 6”, con il quale ha riconosciuto legittime le clausole statutarie per SPA e SRL che disciplinano le partecipazioni auto-estinguibili.

A cosa servono? Immagina di voler partecipare ad una società perchè credi che abbia tutte le carte in regola per poter realizzare un interessante affare, ma solo quello; oppure perchè il gruppo dei soci e degli amministratori ti dà particolari sicurezze, quelli ma non altri; oppure immagina di non voler rimanere socio qualora cambiassero determinate condizioni patrimoniali o non vengano raggiunti certi risultati finanziari.

Secondo questo studio è possibile quindi che, al verificarsi di un evento futuro, sia esso certo o incerto, si estingua la partecipazione e all’oramai ex socio venga liquidata una somma in denaro ovvero nessuna somma. Tutto dipende da come la clausola statutaria viene strutturata in forza dell’accordo tra i soci.

Se la società è una spa, questo tipo di partecipazione concretizzerebbe una categoria di azioni alla quale quindi applicare la relativa disciplina da regolamentare nello statuto; se invece la società interessata fosse a responsabilità limitata il Notaio allora dovrebbe prevedere con i soci gli effetti dell’estinzione come diritto particolare spettante ad un singolo socio (ai sensi dell’art. 2468, 3° comma), oppure disciplinare una categoria di partecipazioni a sé stante, ma in questo caso solo se la SRL è anche una PMI.

In tutti i casi rimane comunque il consiglio di rivolgerti al tuo Notaio e confrontarti con lui.

Organizzare il passaggio generazionale dell’azienda con il patto di famiglia e vantaggi fiscali

Già qui avevo accennato molto brevemente della figura del patto di famiglia per incuriosire chi si fosse imbattuto nel mio sito.

Ne trovo anche ora l’occasione per precisare un paio di aspetti tributari che possono risultare di grande interesse.

Il primo. Era il 2006 quando il nostro legislatore introdusse il comma 4 ter all’art. 3 nella disciplina dell’imposta sulle donazioni e successioni (D.Lgs 346/1990), norma con la quale i trasferimenti (fatti a titolo donativo o mediante il patto di famiglia) non sono soggetti all’imposta (significa che non pagano e non pagheranno) a condizione che:

a) abbiano ad oggetto aziende o rami di esse, oppure quote sociali o azioni;

b) in caso di quote sociali o azioni, facciano acquisire o integrare il controllo della società (ex art. 2359 c.c.);

c) chi li riceve continui l’attività o detenga la partecipazione per almeno 5 anni e ciò lo dichiari in atto.

Il secondo. E’ la Cassazione stavolta con la sentenza 29506/2020 a dar ragione al contribuente e contro all’Agenzia delle Entrate. Anche in assenza della possibilità di applicare la disciplina ora descritta, è possibile ridurre il carico fiscale del trasferimento applicando alla parte imponibile del trasferimento l’aliquota relativa alle donazioni da parte dei genitori ai figli (4%) e non quella relativa alle donazioni tra fratelli (6%).

Un esempio: con un patto di famiglia il padre trasferisce al figlio Caio una partecipazione (o una azienda) del valore di 1,5 milioni di euro e il figlio Caio versa al fratello Mevio uguale somma di euro 1,5 milioni. La seconda attribuzione tra fratelli, secondo l’Agenzia delle Entrate, avrebbe dovuto pagare euro 84.000,00 (1.500.00,00 meno la franchigia di euro 100.000,00 = 1.400.000,00 x 6%), mentre la Cassazione ha correttamente stabilito che l’attribuzione a Mevio viene fatta indirettamente dal padre. E’ sempre la volontà del padre infatti a determinare l’arricchimento di Mevio seppure attuato per mano del fratello Caio. Quindi l’imposta da pagare è di euro 20.000,00 (1.500.000,00 meno franchigia di 1.000.000,00 = 500.000,00 x 4%).

Rivolti al tuo Notaio per avere maggiori informazioni.

Polizze vita e decesso dell’assicurato: a chi spetta la liquidazione?

La Cassazione ha chiarito che, ove possibile, si applicano le norme sulla rappresentazione.

Il problema si presenta spesse volte quando i beneficiari sono più soggetti e soprattutto quando l’assicurato ha individuato i beneficiari dell’assicurazione con l’espressione “i miei eredi legittimi”, “i miei eredi testamentari” o espressione analoga.

Poichè tale espressione rimanda l’identificazione dei beneficiari dell’assicurazione all’individuazione di coloro che sono eredi, apparentemente non dovrebbero mostrarsi dubbi interpretativi; tuttavia è bene ricordare che quanto spetta ai beneficiari della polizza sulla vita da parte della società di assicurazione, non è a titolo di eredità nè di legato, ma perviene loro in forza di contratto (per gli amanti dei latinismi si dice “jure proprio” e non “jure hereditatis“.  “Jure proprio” si riferisce al ricevere qualcosa in base a un proprio diritto personale. In questo caso, il beneficiario è designato nella polizza di assicurazione e ha diritto al pagamento in base a quel contratto. Al contrario, “jure hereditatis” si riferisce al ricevere qualcosa come parte di una successione ereditaria. Quando si riceve qualcosa “jure hereditatis“, ciò avviene attraverso il processo di eredità e in base al testamento dell’assicurato o alle leggi di successione.)

Il pagamento di una polizza di assicurazione sulla vita al beneficiario designato è considerato separato e distinto dall’eredità dell’assicurato e viene gestito direttamente tra la compagnia di assicurazione e il beneficiario; quindi non si applicano direttamente le norme di diritto successorio.

Il rinvio alla categoria degli eredi è pertanto certamente utile per identificare i beneficiari in coloro che sono contemporaneamente eredi, ma nulla più di questo e i problemi arrivano quando, appunto, gli eredi siano più di uno e provenienti da più stirpi.

Così, in motivazione, si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza a Sezioni Unite del 30 aprile 2021, n. 11421: la generica individuazione quali beneficiari degli “eredi (legittimi e/o testamentari)” ne comporta l’identificazione soggettiva con coloro che, al momento della morte dell’assicurato, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dal medesimo contraente, e ciò in quanto il termine “eredi” viene attribuito dalla designazione allo scopo precipuo di fornire all’assicuratore un criterio univoco di individuazione del creditore della prestazione e perciò prescinde dall’effettiva successione.

Alcuni esempi spero chiariscano la soluzione adottata dalla Cassazione per rispondere alla domanda: chi è beneficiario dell’assicurazione? e in quali quote?

Esempio 1)

Tizio è il contraente della polizza e muore senza lasciare nè coniuge nè figli o loro discendenti, ma lasciando sette nipoti, figli di suoi fratelli, questi ultimi tutti premorti, e un pronipote, figlio di un figlio di un altro suo fratello (entrambi premorti).

Per la Cassazione sono beneficiari della polizza non solo i 7 nipoti, ma anche il pronipote e la somma che l’assicuratore deve pagare è da dividersi in otto parti uguali.

E ciò in quanto eredi sono appunto tutti e 8 i soggetti, spettando al pronipote il titolo di erede in forza delle norme del codice civile sulla “rappresentazione”.

Esempio 2)

Caio è sempre il contraente e muore senza lasciare coniuge, ma un figlio vivente e due nipoti, figli di un altro figlio premorto.

Sono beneficiari sia il figlio che i due nipoti e la somma di divide sempre in 3 parti uguali (si evidenzia che invece l’eredità si divide attribuendo al figlio la quota di 1/2 e ai due nipoti la quota di 1/4 ciascuno).

Esempio 3)

Mevio è il contraente e muore senza lasciare coniuge, ma due figli: Primo e Secondo. Secondo ha due figli e rinuncia all’eredità del padre Mevio.

Come nel precedente esempio, sono beneficiari sia il figlio Primo che i due nipoti e la somma di divide sempre in 3 parti uguali (anche qui si evidenzia che invece l’eredità si divide attribuendo al figlio la quota di 1/2 e ai due nipoti la quota di 1/4 ciascuno).

Chiedi al tuo Notaio.