La rinuncia all’eredità

ovvero

cosa devo sapere per non diventare erede senza volerlo

Tante volte purtroppo al Notaio capita di dover spiegare che la richiesta di un atto di rinuncia all’eredità di un proprio congiunto arriva troppo tardivamente.

Il caso tipico è quello di una moglie e dei figli di un signor Tizio che è venuto a mancare. Tizio, oltre a lasciare i propri cari nel lutto, purtroppo gli ha lasciato anche dei debiti importanti.

Facciamo un esempio con i numeri; Tizio, alla sua morte, lascia:

– quota del 50% della casa di famiglia, cointestata con la moglie Tizia: valore del 50% euro 100.000,00

– debito residuo del mutuo per la quota del 50%: euro 70.000,00

– debito per imposte non pagate: euro 50.000,00

– debiti vari dell’attività lavorativa di artigiano: euro 50.000,00

Quindi il valore netto dell’eredità di Tizio è negativo, pari a – 70.000,00 euro.

La moglie Tizia e i figli (maggiorenni nel nostro esempio), superato un poco il lutto, dopo 4 mesi dal decesso e solo dopo aver parlato con amici, parenti, commercialista, impiegato di banca e vicino di casa, si recano dal Notaio e gli chiedono di fare la rinuncia all’eredità, per non volersi far carico di 170.000,00 euro di debiti.

Il Notaio è costretto ad informare i clienti che sono già diventati eredi e non possono più procedere con la rinuncia.

Perchè siamo diventati eredi che non lo abbiamo voluto?

E’ questa la domanda che, quindi, pongono i familiari di Tizio e, seppure sia di non immediata e intuibile comprensione, la risposta è contenuta in quanto previsto dall’art. 485 c.c..

La norma richiamata, infatti, detta una disciplina a vantaggio della certezza del diritto, cioè della chiarezza delle situazioni che hanno ad oggetto una eredità e prevede che:

– chi è chiamato a diventare erede (cioè i parenti prossimi o chi è indicato in un testamento),

– e che si trovi a qualsiasi titolo nel possesso di beni ereditari (anche di uno solo di essi),

– da più di 3 mesi dal momento in cui è iniziato il possesso di beni ereditari (nel nostro caso dalla data del decesso),

allora diventa erede per il solo fatto che è trascorso questo termine di 3 mesi.

Ma che cosa significa “essere nel possesso di beni ereditari a qualsiasi titolo?

E questa è l’altra domanda che nasce da quanto detto finora.

Questo requisito che la norma indica significa che i chiamati a diventare eredi devono trovarsi in una qualsiasi relazione materiale anche con uno solo dei beni facenti parte dell’eredità.

Nel nostro esempio, Tizio ha lasciato il 50% della casa di famiglia, con quanto contenuto (arredi e oggetti vari). La moglie Tizia e i figli (che sono i chiamati a diventare eredi) si trovano nel possesso di beni ereditari perchè abitano la stessa casa e utilizzano gli stessi arredi e oggetti che fanno parte dell’eredità.

Tizia, inoltre, è anche comproprietaria di una quota indivisa, cioè non materialmente rappresentata da una parte dell’immobile, ma quota su tutto immobile, senza distinzione.

Tale situazione di possesso fa sì che chiunque “guardi” all’eredità del defunto Tizio veda che i chiamati utilizzano i beni dell’eredità, attività che può essere fatta solo da chi sia proprietario di detti beni, quindi da parte di chi è erede. La legge concede un tempo breve, appunto 3 mesi, per decidere e, quindi, per sciogliere il dubbio se l’utilizzo di beni ereditari da parte dei chiamati è fatto in attesa di rinunciare oppure è fatto perchè hanno voluto acquisire l’eredità.

Ma io non voglio pagare i debiti!

Purtroppo non si può tornare indietro dalla situazione di diritto che si è creata a seguito degli effetti del decorso del tempo.

La mancanza di volontà, nel caso concreto che stiamo valutando, non incide sull’effetto di diventare erede.

E’ sufficiente che il chiamato sia consapevole che i beni di cui è possessore facciano parte dell’eredità, e, sempre nel nostro caso, nè Tizia nè i figli potrebbero certo dirsi all’oscuro.

La stessa norma dell’art 485 consente di evitare di diventare erede con i debiti connessi, non solo con la rinuncia all’eredità, ma facendo una accettazione di eredità espressa con beneficio d’inventario; ma questa è un’altra storia.

E non solo! Esiste pure l’accettazione tacita.

La legge prevede altri casi nei quali si diventa eredi pur in assenza di una manifesta volontà in tal senso.

Faccio riferimento ai casi di accettazione tacita che operano tanto se il chiamato sia nel possesso dei beni ereditari, quanto non lo sia.

E’ l’art. 475 c.c. che detta questa disciplina, unitamente ai seguenti articoli 476 e 477.

Il chiamato che compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, fa sì che quel chiamato diventi erede.

Il principio sottostante a questa disciplina è lo stesso che supporta gli effetti dell’acquisto dell’eredità per il possessore di beni ereditari dopo il decorso di 3 mesi e, cioè, la certezza del diritto e la tutela dei terzi e dei creditori.

In altre parole, con un caso e qualche esempio:

– muore Tizio non sposato. Lascia Primo e Secondo, 2 fratelli che non hanno alcun rapporto con i beni di Tizio (non sono nel possesso di bene ereditari) perchè vivono in città diverse e non hanno alcuna attività in comune.

Esempio 1: Primo, per capire l’entità dell’eredità, si reca in banca. Il solerte impiegato della banca informa Primo che per dargli informazioni sui rapporti bancari intestati al fratello Tizio, deve fornirgli un atto sostitutivo di notorietà con il quale attesti che è erede e lo manda presso gli uffici del Comune (perchè tanto lì lo fa gratis). Primo obbedisce, fa la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e si dichiara erede. E la frittata è fatta, subentrando anche nei debiti del defunto. Gli sarebbe costato meno andare dal Notaio.

Esempio 2: Secondo e Primo hanno ricevuto una offerta interessante di acquisto di una vecchia automobile intestata a Tizio, che è parcheggiata in strada e la polizia ha anche intimato loro di rimuoverla (leggi qui un altro mio articolo). I due, quindi, vanno in una agenzia pratiche auto e vendono l’auto. E così un’altra frittata è fatta.

Esistono tante altre situazioni a cui prestare attenzione per proteggere sè e il proprio patrimonio, mantenendo la possibilità e il tempo per poter fare le proprie valutazioni se accettare o meno una eredità, ma è importante rivolgersi al proprio Notaio di fiducia.

Che bello! Ogni tanto anche il contribuente ha un giudice a Berlino.

Con 4 ordinanze, una in fila all’altra, la Corte di Cassazione ha trattato altrettanti casi in materia di agevolazioni prima casa, con piena soddisfazione del contribuente e un po’ meno per l’Agenzia delle Entrate.

Vediamole tutte.

La prima: n. 25761 del 22.9.2025. E’ legittimo richiedere e ottenere l’applicazione delle agevolazioni prima casa anche per l’acquisto di abitazioni che, al momento della stipula del contratto, siano ancora in corso di costruzione.

E fin qui… si potrebbe osservare che non ci sarebbe nulla di nuovo, anche se è assai positivo che sia stato rimarcato il punto.

La novità sta nella applicazione estensiva del principio anche al caso in cui, non solo l’abitazione si trovi in corso di costruzione, ma anche se l’abitazione sia ancora da costruire, cioè oggetto del trasferimento sia il terreno. Importante è il termine entro cui dovrà poi essere ultimata la costruzione: 3 anni dall’acquisto.

La seconda: n. 25863 del 23.9.2025. Si sa che se si vende una abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa prima che siano passati 5 anni, si decade dalle agevolazioni e si deve pagare al fisco la differenza con l’imposta ordinaria.

Ma se si vendesse o donasse solo l’usufrutto trattenendo la nuda proprietà?

E qui che la Cassazione porta la novità: non c’è decadenza! Il principio su cui si fonda la decisione è che, nel caso in questione, non c’è trasferimento della proprietà, ma solo del diritto di utilizzo diretto del bene (usufrutto).

La terza: n. 25866 del 23.9.2025. Da tempo è accettato che si possano acquistare, contemporaneamente o in momenti diversi, più unità abitative con richiesta di agevolazioni prima casa, a condizione però che entro 3 anni si proceda alla fusione in unica abitazione che non abbia i requisiti cosiddetti di lusso.

Con questa ordinanza la Cassazione ha stabilito che non è necessario che la fusione risulti anche dal Catasto, ma è sufficiente che il contribuente provi l’avvenuta unificazione.

La quarta: n. 25868 del 23.9.2025. E’ noto anche che si decade dalle agevolazioni quando vengono richieste per un acquisto (per intenderci, la “casa nuova”) da parte di chi sia già proprietario di una abitazione (la “casa vecchia”) già acquistata sempre con le agevolazioni prima casa.

Ma cosa succede se la “casa vecchia” venga destinata ad ufficio con cambio di destinazione d’uso fatto, anche soli pochi giorni del nuovo acquisto? Non c’è decadenza dalle agevolazioni!

Mi sembra di poter concludere che il file rouge che lega queste 4 ordinanze sia la “sostanza” e non la “forma”; l’applicazione, cioè, delle norme e dei principi in modo da comprendere l’intenzione del contribuente di volere acquistare o costruire la propria abitazione, purchè ovviamente in presenza dei requisiti soggettivi che la legge richiede, senza inutili approcci punitivi.

Contribuente – Agenzia delle Entrate: 4 – 0. Palla al centro.